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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2013 alle ore 07:36.
Nell'ormai famoso report del 10 aprile scorso, con il suo perentorio sell, Goldman Sachs aveva "chiamato" il crollo delle quotazioni dell'oro al quale abbiamo assistito lunedì scorso, con il peggior ribasso giornaliero (-9,3%) dal 1983. Ora però la banca d'affari americana torna a scrivere ai suoi clienti, indubbiamente soddisfatti, dicendo di chiudere le posizioni al ribasso.
La raccomandazione di Goldman
Gli analisti della banca americana raccomandano di uscire dagli short (vendite), dal momento che il prezzo dell'oro al Comex è tornato sopra a quota 1400 dollari. «In questo modo siamo usciti con un guadagno potenziale del 10,4%», sottolineano soddisfatti gli uomini della banca d'affari. Attenzione però: Goldman si attende un ulteriore declino «per la combinazione dei deflussi dagli ETF e delle previsioni di una riaccelerazione della crescita Usa verso la fine dell'anno».
Ottimisti e pessimisti
Le previsioni più "catastrofiche" vedono minimi sui mille dollari l'oncia entro i prossimi due anni. Quanto più in basso si può andare? «È difficile dire - commenta Maurizio Mazziero, fondatore di Mazziero Research - ma un'indicazione può arrivare dalle società aurifere, che ultimamente vedono i loro costi complessivi d'estrazione viaggiare intorno a 1.000 – 1.200 dollari l'oncia. Nulla vieta che il mercato esageri, portando il prezzo sotto questi livelli (soprattutto considerando le scorte enormi d'oro che esistono), ma ci vuol tanta fantasia per pensare che le miniere continueranno a lavorare sotto costo per molto tempo».
Non mancano peraltro alcuni gestori controcorrente, come Joe Foster di Van Eck Global, gestore del fondo LO Funds World Gold Expertise di Lombard Odier IM, convinto che il metallo giallo abbia già toccato il suo "pavimento". «Una volta che l'oro si sarà stabilizzato, probabilmente intorno ai livelli correnti, potrebbe rappresentare l'opportunità di acquisto della vita. A nostro parere, il sell-off senza precedenti al quale stiamo assistendo è guidato da motivazioni tecniche, ma i fondamentali dell'oro come porto sicuro non sono in discussione».
Non è più un bene rifugio
C'è insomma il rischio che la débacle del metallo giallo prosegua. Anche perché, come ha sottolineato all'inizio di aprile George Soros in quella che per molti è diventata una sinistra profezia, l'oro negli ultimi due anni non è più un bene rifugio. Non assolve alla funzione di "safe haven", di porto sicuro: in alcuni periodi ha mostrato una correlazione positiva con gli asset teoricamente più rischiosi, come l'azionario. Anche se adesso, in occasione del crollo del metallo giallo, le Borse si sono comportate in maniera differente: non hanno fatto una piega. Così come il metallo giallo non ha fatto una piega all'annuncio del quantitative easing di Tokyo. «Quello che incuriosisce particolarmente - riflette Alessandro Fugnoli di Kairos - è che l'oro non abbia reagito all'annuncio di volere raddoppiare la base monetaria giapponese nei prossimi due anni. Ma se non si compra oro adesso, viene a noi da domandare, quando mai lo si comprerà»?
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