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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2014 alle ore 07:40.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 14:08.

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Coperture multiple, su cui andrà acquisito il via libera preventivo di Bruxelles, con alcuni dubbi e perplessità che l'"informativa" del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dedicata al capitolo più rilevante e ambizioso della sua «cura shock», non ha ancora dissolto.

A partire dai risparmi attesi dalla spending review, che Bruxelles ha chiesto di indirizzare alla riduzione del deficit strutturale in direzione del pareggio di bilancio, e che invece il governo intende convogliare alla riduzione del prelievo fiscale. La trattativa potrà chiudersi a favore delle tesi sostenute dal governo, a patto che vi siano precise garanzie sul percorso di attuazione delle riforme strutturali, necessarie per accrescere il potenziale di crescita dell'economia.

Non meno problematica si annuncia la partita relativa alla possibile utilizzazione del margine di deficit che separa l'ultima stima della Commissione europea per l'anno in corso (2,6% del Pil) dal tetto massimo del 3 per cento. Scelta possibile ma rischiosa, perché esaurisce tutti gli spazi a disposizione per far fronte a spese indifferibili nel corso dell'anno, e che potrebbe preludere a una correzione dei conti in autunno per rientrare nel 3 per cento. Anche in questo caso, il governo dovrebbe rassicurare Bruxelles che a fronte del momentaneo peggioramento del deficit nominale, sarebbe comunque rispettato il percorso di rientro del deficit strutturale (lo 0,5% del Pil ogni anno). Con il vincolo costituzionale al pareggio, il ricorso all'indebitamento deve peraltro essere autorizzato dal Parlamento.

Quanto poi al possibile ricorso a entrate una tantum, occorrerà convincere la Commissione europea che si tratta di una forma di "anticipo" dei risparmi strutturali attesi dalla spending review. Per Bruxelles le riduzioni del carico fiscale devono essere coperte appunto da contestuali misure strutturali, con priorità ai tagli alla spesa corrente. È di certo un'ottima notizia che grazie al calo dello spread pagheremo meno interessi passivi per far fronte al nostro debito. Si ipotizzano circa 2,5-3 miliardi in meno. Tuttavia si tratta di una minore spesa che potrà essere contabilizzata con esattezza solo a fine anno, e dunque appare complesso utilizzarla ex ante sotto forma di copertura, al pari degli auspicati maggiori incassi Iva connessi allo sblocco dell'intera tranche dei debiti commerciali della Pa, cifrati in circa 2 miliardi.

Il taglio del 10% dell'Irap annunciato anch'esso per il mese di maggio sarà coperto attraverso il contestuale aumento dal 20 al 26% della tassazione sulle rendite finanziarie. Circa 2,6 miliardi di maggior gettito stimato, sul quale non insorgeranno obiezioni. Resta da chiarire il primo e fondamentale addendo, gli incassi della spending review. Il commissario Carlo Cottarelli stima per il 2015 e il 2016 riduzioni di spesa rispettivamente per 18 e 34 miliardi. Per l'anno in corso non si spinge oltre i 3 miliardi, spalmati sugli ultimi otto mesi dell'anno. Stima che lo stesso Renzi giudica prudenziale, tanto da ipotizzare che se ne possa ricavare anche il doppio. Su questo aspetto decisivo occorre fare chiarezza, fermo restando che la vera sfida il governo se la giocherà sulla capacità effettiva di invertire la bassa crescita e il crollo verticale dei consumi.

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