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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2014 alle ore 06:37.

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ROMA
A dodici giorni dal Consiglio dei ministri, i testi ufficiali sulla giustizia non ci sono ancora ma per l'Anm ce n'è abbastanza per smontare la «rivoluzione» sulla giustizia accreditata da governo e maggioranza. Con due cartelle al vetriolo, le toghe parlano di «delusione» per «interventi contenuti, in parte frutto di compromesso» e di «logiche punitive» che, scrivono, «credevamo appartenere al passato». Parole pesanti, che evocano gli anni peggiori del ventennio berlusconiano e dello scontro tra politica e giustizia. In serata, da Porta a Porta, Matteo Renzi alza il tiro: «L'Anm? Brrrrr, che paura! Andremo avanti lo stesso. L'Anm ha fatto il primo comunicato contro il governo quando ho detto che si metteva lo stipendio massimo dei magistrati a 240mila euro...». Il premier rilancia quindi il «chi sbaglia paga» di berlusconiana memoria nonché il taglio delle ferie dei magistrati: «Vi sembra normale che i magistrati vadano in ferie il primo di agosto e tornino a lavorare il 15 settembre?» chiede (e pazienza se confonde ferie e sospensione feriale dei termini). Il ministro Maria Elena Boschi ha un bel dire, a Otto e 1/2 che «bisogna uscire dalla guerriglia degli ultimi anni»...
È guerra aperta. Con il Pd e Fi che accusano le toghe di corporativismo e voltafaccia. Al presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli non serve chiarire che ad agosto si era ragionato al buio, senza conoscere i testi. O che sulle ferie la questione è anzitutto «di metodo», poiché la notizia della riduzione è uscita dopo il Consiglio dei ministri ma non se n'era mai parlato durante le famose consultazioni di agosto per "concertare" la riforma. «Non vogliamo più ferie degli altri dipendenti pubblici ma neanche meno - ha spiegato al TG3 - e comunque non dobbiamo ridurre tutto alla questione ferie, che ha solo un valore simbolico. Significa dire ai magistrati: lavorate poco!».
La nota dell'Anm non riguarda solo le ferie, ma tutti i punti della «rivoluzione giustizia». Nel civile, sono «positivi» gli strumenti per la composizione stragiudiziale delle liti, ma «poco efficaci» se lasciati alle parti, «gravati di maggiori oneri economici e non assistiti da forti incentivi e da sanzioni che scoraggino cause manifestamente infondate». Pessimo, invece, il silenzio sulle «delicate materie etiche e bioetiche». «L'inerzia della politica - scrive l'Anm - va in parallelo con le periodiche, violente accuse rivolte ai magistrati di volersi sostituire al legislatore».
«Deludenti» le misure annunciate nel penale, dov'è evidente il «compromesso» e il «cedimento a pressioni e a veti». La modifica della prescrizione, «oggi patologica e patogena», non tocca la ex Cirielli e si limita a «deboli scelte»; impugnazioni e intercettazioni rinviate a una delega; su autoriciclaggio e falso in bilancio le «pressioni» rischiano di portare a una «riforma di facciata». Sul fronte ordinamentale, la «superficialità» dell'approccio è «offensiva»: si «insinua» che la crisi della giustizia «dipenda dalla presunta irresponsabilità e scarsa produttività dei magistrati» che sono, invece, i più produttivi d'Europa, nel penale, e i secondi, nel civile. Eliminare il filtro di ammissibilità alle azioni di risarcimento contro i giudici significa poi ignorare la massa di ricorsi «strumentali» presentati in passato.

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