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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2012 alle ore 06:43.

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Fa bene Mario Monti a restare con i piedi ben piantati a terra quando osserva che ai progressi nello stile preferisce quelli negli spread. Perché è intorno a quel numero (ieri 5,17% rispetto al Bund tedesco e BTp con rendimento sulla soglia d'allarme forte al 6,99% sul mercato secondario) che si continua a giocare il futuro prossimo dell'Italia. In una partita, in Europa e soprattutto sui mercati, che rimane ad alta tensione.

Intendiamoci. Ieri il premier italiano ha ottenuto un risultato politicamente molto significativo, impensabile due mesi fa. A Berlino, Angela Merkel ha certificato che le misure che lei stessa, nel suo primo incontro con Monti, aveva definito «impressionanti», sono diventate legge e realtà. Progressi «straordinari», li ha definiti di fronte a un Monti "innamorato" della Germania, gran sostenitore dell'eurosistema a trazione di fatto tedesca e glaciale due volte con gli Usa (la crisi, al fondo, è responsabilità loro e l'orizzonte continentale non è quello degli "Stati Uniti d'Europa").

Insomma l'Italia ha fatto bene, e in tempi molto rapidi, la parte che le competeva. Ha voltato pagina con il suo "strano" Governo di impegno nazionale (copyright dello stesso Monti) e s'appresta da qui a pochi giorni a scriverne un'altra nuova di zecca con la riforma del mercato del lavoro e con un colpo secco (dalla benzina ai taxi, dalle Poste alle Ferrovie, dalle banche alle professioni) per aprire in chiave competitiva un sistema bloccato e incapace di crescere.

Ma, soprattutto, la cancelliera Merkel ha affermato che la Germania procederà sulla strada del rafforzamento del fondo salva-Stati e che la stessa Banca centrale europea potrà contribuirvi. Era una delle principali richieste del Governo italiano (assieme a un atterraggio più morbido e sostenibile per il piano di rientro dal debito, anche questo in riscrittura) per stabilizzare il quadro continentale e mettere sul piatto una rete di protezione efficace. Il fatto che Berlino, forte di una crescita 2011 pari al 3% e di un rapporto deficit/Pil all'1,1% (era il 4,3% alla fine del 2010) si sia espressa con chiarezza su questo punto sensibile avendo alle spalle un'opinione pubblica decisamente restìa a pagare per i debiti degli altri, segna un punto a favore di Roma e della "tessitura" diplomatica millimetrica intrapresa da Monti in queste ultime settimane.
È netta infatti l'impressione che dopo tanti tentennamenti (e forse sulla scia della frenata tedesca nell'ultimo trimestre) proprio a Berlino, con l'incontro Merkel-Monti, si sia aperta, di fatto, la strada per uno nuovo patto europeo a favore della crescita.

Il che significherebbe, per l'Europa, una svolta di eccezionale portata, al di là della ritrovata credibilità dell'Italia. Il nostro Paese, ha potuto così dire Monti, non è più «fonte d'infezione» per l'Europa ma è parte integrante, assieme a Germania e Francia, del motore pro-sviluppo. E proprio Germania, Francia e Italia, nell'incontro triangolare in calendario per il 20 di gennaio a Roma, potrebbero suggellare questo nuovo orizzonte in vista della stesura definitiva del nuovo "patto fiscale" che dovrà entrare in vigore il primo marzo.

Naturalmente sono da escludere miracoli a buon mercato. Il rafforzato fondo salva-Stati dovrà essere operativo nei tempi più rapidi possibili. E lo stesso Monti ha avvertito che per i risultati sul fronte della crescita e dell'occupazione serviranno «molti trimestri». Mentre i mercati parlano più l'inglese che il tedesco, il francese e l'italiano e vogliono i fatti.

Sul terreno insidioso dei tassi d'interesse, la svolta deve ancora materializzarsi: un quadro mosso, dove l'Italia (oggi asta BoT con scadenza a tre mesi e un anno, domani asta BTp a tre anni) resta sotto stretta osservazione. Ancora ieri l'agenzia di rating Fitch chiedeva l'intervento della Bce a sostegno dell'Italia per evitare un «catastrofico» collasso dell'euro. Roma deve piazzare nel 2012 sui mercati titoli per circa 440 miliardi di euro di cui 143 entro fine marzo, secondo le previsioni di Goldman Sachs. Cifre imponenti che indicano quanto sia difficile, con uno spread tra BTp e Bund a 520 punti base, il rifinanziamento "sostenibile" del nostro debito e come, a Roma, le forze politiche che sostengono il Governo e le parti sociali siano chiamate a nuove prove di responsabilità e di coraggio insieme.

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