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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2011 alle ore 08:11.

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ROMA
La condizione dei numeri della maggioranza alla Camera non accenna a migliorare. Più trascorrono le ore, più si avvicina quel fatidico martedì in cui scatterà il voto sul Rendiconto e più i cosiddetti scontenti si fanno avanti. Vengono allo scoperto. Chiedono a Silvio Berlusconi di valutare un addio a Palazzo Chigi. Ieri a farsi avanti è stato Gaetano Pecorella. Per la verità la sua posizione a favore di un passo indietro di Silvio Berlusconi per uscire dall'impasse non è nuova. Ma è la prima volta che il deputato storico del Pdl parla dopo l'accelerazione della crisi. «La soluzione Zapatero? Ha tranquillizzato la Spagna» incalza Pecorella che comunque sarebbe disponibile a sostenere un nuovo governo che avesse alla sua guida «una personalità in grado di garantire stabilità all'Italia». Una tesi rilanciata dal collega di partito Giuliano Cazzola: «Io votero a favore del Governo ma se l'Esecutivo dovesse essere sfiduciato andrei a sentire Napolitano e il Pdl farebbe bene ad accettare qualora ci fosse in capo una proposta civile. Le elezioni, francamente, non servono a nessuno».
A mostrare tutto il loro scontento nelle ultime ore anche Giancarlo Mazzuca ed Enrico Pianetta, vera new entry nel gruppo dei "malpancisti". «Se dovessero continuare inconsulti e irresponsabili atteggiamenti parlamentari della maggioranza – dice Pianetta – Silvio Berlusconi potrebbe indicare al presidente della Repubblica una persona capace di garantire quanto voluto dal popolo italiano con le elezioni del 2008». Tradotto: ok a Gianni Letta, no ad altri nomi. Insomma, il raggio di chi propone per un motivo o per un altro un passo indietro al premier va allargandosi in modo ormai incontrollabile.
L'ora X è fissata per martedì: la prova del nove è il voto sul rendiconto. Il "pallottoliere" dice che difficilimente la maggioranza andrà "sotto" anche perché l'Udc potrebbe astenersi. Ma a far paura sono i voti pro-maggioranza, che secondo gli ultimi calcoli potrebbero scendere anche sotto quota 306 (la cifra considerata come quota minima fino a venerdì). Quello che spaventa i vertici Pdl insomma è il gioco delle astensioni che potrebbe essere usato dagli scontenti come una forma di "conta".
Per questo, già ieri Silvio Berlusconi ha deciso di rimanere a Roma ed ha contattato i dissidenti uno ad uno anche se alcuni, come Destro e Gava, smentiscono di essere stati chiamati. A tutti il Cavaliere ha dato rassicurazioni e rinviato a domani o a martedì per un incontro. Il Cavaliere è parso a tutti affaticato ma agguerrito e sempre pronto alla battuta ironica. «Quando mi ha chiamato – rivela Roberto Antonione – mi ha detto scherzando di essere proprio dove io vorrei mandarlo, ovvero a casa». Paolo Guzzanti è stato invece il primo ad essere ricevuto, già ieri sera. E a molti il Cavaliere ha sussurrato di avere buone chance di portare dalla sua i Radicali.
Dal canto loro, anche ieri i frondisti (che domani si incontreranno per stabilire la linea) si sono fatti sentire. «Il quadro è totalmente aperto e l'iniziativa politica è nelle mani del presidente» ha avvertito ancora una volta Giorgio Stracquadanio, mentre Isabella Bertolini si è detta soddisfatta delle parole di Alfano in favore di un coinvolgimento dei centristi.
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