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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2011 alle ore 17:28.
Eppur si muove. O meglio, finalmente si muove. Davanti alla crisi più grave dalla nascita dell'euro, o forse, come dice il cancelliere tedesco Angela Merkel, dalla Seconda guerra mondiale, l'Europa sembra aver finalmente capito l'urgenza di interventi che rimettano in carreggiata il progetto di unione economica e monetaria. A parole, lo hanno spiegato in tre importanti discorsi nel giro di meno di ventiquattr'ore, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, il presidente francese Nicolas Sarkozy, e la stessa signora Merkel. Nei fatti, tutto dipenderà dal vertice europeo del 9 dicembre prossimo a Bruxelles. Quando dovranno esser messe le basi dell'unione fiscale che sta tanto a cuore alla Germania e che gli altri partner ormai, Bce compresa, hanno riconosciuto come condizione indispensabile per avere l'assenso tedesco al salvataggio dell'euro.
La riunione di Bruxelles avrà tre importanti antefatti. Il primo è il piano per l'Italia, fatto di aggiustamento dei conti pubblici e di riforme strutturali, che il presidente del Consiglio Mario Monti annuncerà lunedì. L'Italia è responsabile per il proprio futuro e per quello dell'Europa, ha detto al Bundestag il cancelliere tedesco, indicando come la risposta del nostro Paese sia cruciale. La secondo è l'incontro Merkel-Sarkozy, previsto sempre per lunedì a Parigi, per elaborare la linea da presentare al vertice di Bruxelles: in passato queste riunioni a due hanno spesso deluso, con annunci di grande sinotnia, ma senza dettagli operativi. Una pecca immancabilmente messa a nudo dai mercati. Il terzo appuntamento è la riunione di giovedì a Francoforte del consiglio della Banca centrale europea, dove si dovrebbe decidere un altro taglio dei tassi d'interese e nuove misure di liquidità a favore delle banche. Draghi ha fatto capire che dopo, ma solo dopo, il completamento di un accordo sulle nuove regole fiscali ("fiscal compact"), la Bce potrebbe essere anche disponibile a muoversi più massicciamente sui mercati acquistando titoli dei Paesi in difficoltà, a partire da Italia e Spagna, per contenerne i rendimenti entro livelli sostenibili.
Tutte queste tre tappe devono produrre risultati per sperare in un successo a Bruxelles. E anche così, non è garantito che l'Europa trovi un accordo che quanto meno allenti la pressione di mercato (per la soluzione vera, secondo la signora Merkel, ci vorranno anni). Nell'ultimo anno e mezzo, le autorità europee hanno dato pessima prova di sé, aggravando la crisi ad ogni loro riunione. Stavolta, avranno almeno la consapevolezza che per l'euro non ci sarà prova d'appello.
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