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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2012 alle ore 08:18.

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La notizia è ufficiale: da qualche giorno anche gli architetti hanno il loro San in Paradiso. Nel Paradiso degli archivi, la Grande Arca dove ognuno sognerebbe di depositare quel tesoro di carte, di disegni, di fotografie e di progetti prodotto giorno dopo giorno nel cantiere di idee del proprio studio professionale. Il "San" infatti - il Sistema archivistico nazionale promosso dalla Direzione generale per gli archivi del ministero per i Beni e le attività culturali - ha varato a Roma il primo portale degli architetti: un portale digitale, che vuole offrire un punto di accesso web alle informazioni sul patrimonio archivistico italiano. Obiettivo primario è quello di far conoscere, attraverso una descrizione a vari livelli di analiticità, gli archivi, i luoghi di conservazione, le modalità di accesso e di consultazione, sia nel caso di archivi pubblici (Comuni, Province, Regioni, eccetera) che in quelli appartenenti ad enti religiosi o privati che aderiscono come partner al progetto. Lo scopo finale è quello di diffondere la conoscenza del patrimonio archivistico presso un pubblico sempre più ampio, con un ruolo di integrazione del lavoro svolto dagli archivisti ma anche di razionalizzazione e guida attraverso le numerose iniziative - spesso eterogenee - di descrizione in rete degli archivi, in modo da garantirne l'interoperabilità.
Quello che è stato lanciato a Roma è per ora, naturalmente, un frame ancora in progress, ma già con una massa critica di dati e di informazioni capaci di far intravvedere la portata dell'intervento e il suo possibile ruolo strategico nella scia di quel Manifesto della Cultura che questo giornale ha promosso proprio con l'intento di svecchiare le istituzioni preposte alla cultura , sfruttando con intelligenza e pertinenza le possibilità rivoluzionarie del medium digitale. Al momento (cliccando sul sito www.architetti.san.beniculturali.it) si possono trovare circa 800 immagini collegate ai testi di spiegazione, 84 biografie(dall'A di Astengo alla Z di Zevi), circa 200 progetti classificati per tipologie, una ventina di termini del linguaggio architettonico: ma soprattutto attraverso il portale si può accederte a ben 381 archivi, a 400 studi di architetti e a 118 istituti di conservazione, compresi i partner della prima ora, tra cui iL Politecnico di Milano e di Torino, L'Iuav di Venezia, le Fondazioni Michelucci, Achille Castiglioni, Magistretti, Bruno Zevi, Olivetti, Maxxi, l'Accademia di San Luca, AAA/Italia, il Mart, l'Istituto Luce, l' Università La Sapienza, il Casva di Milano, eccetera.
Una vera e propria svolta rispetto agli anni 90 quando si pensava ancora a un modello di archivio nazionale come a un'unica istituzione dove far affluire gli innumerevoli fiumi dei tanti piccoli e grandi studi di architettura disseminati nella penisola. Allora l'Archivio si concepiva ancora come luogo fisico, quasi un forziere capace di contenere i tesori della Nazione. Una visione che sconfinava in un'utopia conservatrice, visto che non teneva conto delle ingenti disponibilità finanziarie necessarie a farlo funzionare , né delle prevedibili, legittime aspirazioni "federalistiche" dei vari centri di raccolta già esistenti sul territorio che giustamente consideravano il "bene" come una testimonianza materiale e culturale del luogo che l'aveva prodotto. In attesa del "luogo" si avviavano però i censimenti degli archivi su base regionale, tracciando le mappe dei "giacimenti" , molti dei quali custoditi come lasciti di famiglia in studi ancora in piena attività. Nel 1999 la Guida degli architetti di Roma e del Lazio censiva già oltre 80 fondi, dal 1870 al secondo dopoguerra; a ruota, la Soprintendenza archivistica di Lombardia, in un lavoro svolto con ricercatori del Politecnico di Milano, tracciava la mappa di ben 137 archivi, raccolta poi in una Guida di cui in questi giorni sta per uscire la seconda edizione aggiornata e ampliata. Subito dopo l'esempio è stato seguito da Toscana, Emilia, Umbria, Marche, Campania e Piemonte. In Lombardia nel 2002, la creazione del Casva - centro di alti studi sulle arti visive- ha dato l'accellerazione a un processo di rivendicazione orgogliosa delle comunità professionali del loro patrimonio, dismettendo quella deprecabile tendenza a disfarsi degli archivi vendendoli sul mercato privato o addirittura avviandoli al macero. In pochi anni si è compreso che il modello tradizionale dell'archivio era stato soppiantato da un sistema a rete, che lasciava ai privati la custodia ma la inseriva in un quadro generale di conservazione e di valorizzazione che ne consentiva la conservazione e la conoscenza in una maniera del tutto inedita.
Un archivio infatti non riguarda solo l'orgoglio dei singoli: è l'emergenza di un ambiente culturale che la memoria rende attivo. Di conseguenza con l'aiuto delle nuove tecnologie l'archivio diventa "animato": si apre cioè a un mondo che va oltre la cerchia ristretta degli studiosi e ricerca una sua legittimità nelle vocazioni di più vaste comunità. Permette di riunire fondi separati dalle vicende della storia, senza sottrarli ai loro luoghi di permanenza; consente di effettuare ricerche e di aumentare informazioni grazie all'interattività dei frames; apre sotto gli occhi delle comunità percorsi inattesi e sottrae i documenti all'oblio. L'ulteriore passo sarà di collegare nello stesso portale il censimento degli archivi e il censimento delle opere realizzate: così la salvaguardia del patrimonio avrà un suo efficace strumento di controllo su tutte quelle operazioni di restauro, di intervento, di trasformazione strisciante che corrodono il paesaggio dall'interno con la scusa degli adeguamenti tecnici e funzionali.

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