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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2012 alle ore 08:49.

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Il Premier turco Recep Tayyip ErdoganIl Premier turco Recep Tayyip Erdogan

La politica estera turca sta diventando avventurista mentre pochi anni fa puntava allo zero problemi con i vicini: oggi ci sono invece molti problemi con Israele, dopo l'assalto alla flottiglia della Mavi Marmara, con l'Armenia (dopo il riavvicinamento con l'Azerbajan e la fine dei colloqui di pace), con Cipro e la Ue con cui sono congelati i rapporti a causa del semestre di presidenza cipriota e al rifiuto di Ankara di aprire i suoi porti e aeroporti alle navi e aerei ciprioti.

A tutti questi problemi, che non sono pochi, si è aggiunta la nuova tensione esplosa tra Siria e Turchia dove soffiano venti di guerra: Ankara, in versione neo-ottomana, ha risposto mercoledì sera bombardando "obiettivi siriani" lungo il confine a un colpo di mortaio sparato dal territorio siriano - dove sono in corso combattimenti fra esercito e ribelli - caduto nella cittadina turca di Akcakale, causando nel pomeriggio cinque morti.

La tensione si è fatta alta fra i due vicini mediorientali dopo che Damasco aiuta i ribelli curdi del Pkk in rappresaglia per gli aiuti turchi ai ribelli sunniti. Mai come ora i due Paesi sono vicini ad un conflitto dalle conseguenze imprevedibili con un possibile scontro anche con l'Iran di Ahmadinejad che sostiene l'alleato siriano. Una riunione urgente della Nato è stata convocata nella notte a Bruxelles su richiesta della Turchia dopo un colloquio telefonico fra il ministro degli Esteri di Ankara Ahmet Davutoglu (l'ideatore della politica " zero problemi" con i vicini) e il segretario dell'Alleanza, il danese Anders Fogh Rasmussen, appena prorogato per un anno

La riunione è stata convocata in base all'articolo 4 del Trattato che prevede l'obbligo di consultazioni tra alleati su richiesta di uno Stato membro che si senta minacciato da un intervento esterno. Non è chiaro al momento se la Turchia intenda appellarsi anche all'articolo 5 Nato, che prevede l'assistenza di tutti gli alleati a un paese membro che subisca una aggressione.

La tensione fra i due Paesi è forte da mesi. Il premier islamico moderato turco ha preso posizione l'anno scorso contro l'ex amico Bashar al Assad - le due famiglie andavano insieme in vacanza - e si è schierato con i ribelli sunniti siriani, di cui accoglie i dirigenti in Turchia e che, secondo la stampa americana, finanzia e arma. In risposta, secondo Ankara, Damasco ha dato appoggio e finanziamenti al gruppo armato separatista curdo Pkk, che da luglio ha lanciato una dura offensiva nel Kurdistan turco contro le forze di Ankara che ha provocato 500 morti in sei mesi.

A fine giugno i due vicini sono stati già a un passo dalla guerra dopo l'abbattimento di un caccia turco - che secondo Damasco faceva spionaggio - al largo delle coste siriane. Ankara ha minacciato ritorsioni ma poi - anche pare per l'assenza di appoggio di Usa e Nato a una possibile offensiva armata contro la Siria - si è limitata a dichiarazioni muscolari. Non è chiaro per ora quali "obiettivi siriani" siano stati colpiti mercoledì sera dalla Turchia. L'ufficio del premier Erdogan, dopo una serie di riunioni di crisi con i vertici del governo e delle Forze armate, ha annunciato in serata che la Turchia aveva "risposto all'odioso attacco siriano" e che la sua artiglieria aveva "colpito obiettivi siriani individuati dai radar" nella zona di confine. Da tempo Erdogan valuta di imporre con la Nato una zona di no-fly zone su parte della Siria e una zona cuscinetto lungo il confine, come chiedono i ribelli. Secondo il sito israeliano di intelligence Debka, si sarebbe scontrato in giugno con il 'no" del presidente Usa Barak Obama.

I paesi occidentali sono sempre più preoccupati dal ruolo che le centinaia - forse migliaia - di combattenti stranieri jihadisti vicini ad Al Qaida svolgono nella ribellione anti-Assad. Nei giorni scorsi è giunto un monito di Mosca a Turchia e Nato, che la Russia - che ha una importante base navale sulle coste mediterranee della Siria, a Tartus - ha diffidato dal cercare pretesti per una 'ingerenzà militare in Siria. Mosca e Pechino non sono disposti ad accettare una no-fly zone in Siria.

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