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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2013 alle ore 06:40.

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Chiara Bussi
Sono tra i vincitori della maratona sul bilancio Ue 2014-2020, con un ricco rimborso concesso per la prima volta anche a Copenhagen. «Stelle splendenti nel cielo europeo», come li ha battezzati Morgan Stanley in un recente rapporto o «prossimo modello da imitare» a detta dell'Economist. Se l'Europa arranca e quest'anno dovrà accontentarsi di un Pil anemico in aumento dello 0,4% appena, Svezia, Danimarca, Norvegia e Finlandia viaggiano controcorrente e restano l'unica oasi di crescita con una forbice compresa tra lo 0,8 e il 2,3 per cento. Tanto che, spiega spiega Silvio Peruzzo, senior European economist di Nomura, «la loro esperienza potrebbe essere un utile laboratorio per la Zona euro». E cita non uno, ma più segreti del successo del "modello nordico": dalle istituzioni solide alla qualità dei servizi della pubblica amministrazione garantita da un livello di tassazione più elevato rispetto agli altri Paesi, fino alla flexicurity (la sicurezza del mercato del lavoro abbinata alla flessibilità). Oltre a un livello di debito pubblico ben lontano dagli standard mediterranei.
Parte della loro performance è anche questione di taglia: sono Paesi piccoli, con una popolazione che complessivamente vale il 5% appena dell'intera Ue, ben lontane dai big del calibro di Germania, Francia, Italia e Spagna. Paesi molto "pantofolai", che destinano buona parte della loro spesa alla casa. Ma con un passato glorioso di reazione ai tempi avversi. «Negli anni 90 – spiega Cinzia Alcidi, economista del Ceps – sono stati travolti da una bolla del credito e del settore immobiliare analoga a quella che in seguito ha colpito Irlanda e Spagna, ma sono riusciti a invertire la rotta riformando la struttura del loro sistema finanziario. Il governo è intervenuto pesantemente e numerose banche sono state nazionalizzate. Lo scatto è poi arrivato con una ripresa dell'export. Questo ha consentito loro di avere le spalle più larghe e di rimanere quasi immuni alla crisi del 2008 che ha colpito il resto dell'Europa». Per queste ragioni, aggiunge l'economista «possono essere un punto di riferimento per l'area euro».
La più brillante è la Norvegia, che ha scelto di restare fuori dalla Ue. Quest'anno, secondo le stime del Fmi, dovrebbe crescere del 2,3 per cento. Una performance dovuta soprattutto alla ricchezza di petrolio, autentico gioiello di famiglia, che porta il surplus delle partite correnti al 16 per cento. Tanto che secondo Morgan Stanley la Norges Bank sarà la prima Banca centrale europea ad alzare i tassi con una mossa in due tempi, nel terzo e quarto trimestre, per portare il costo del denaro al 2% entro fine anno.
La Danimarca dovrebbe crescere del'1,6%, grazie soprattutto ai consumi privati e agli investimenti delle imprese. La terra di Amleto primeggia tra i quattro per l'alto livello di spesa sociale che vale ben un terzo del Pil. I cittadini ricambiano, tanto che il Paese incassa il massimo dei voti secondo l'indicatore dell'Ocse sulla qualità della vita.
È invece a doppia faccia la performance della Finlandia: tra i primi della classe dell'Eurozona, esempio inflessibile di rigore, con un deficit all'1,2% del Pil e medaglia di bronzo globale in competitività secondo il World Economic Forum, ma anello debole tra i quattro scandinavi. Quest'anno – secondo le stime di Bruxelles – l'economia viaggerà al ritmo dello 0,8% appena, con un'accelerazione dell'1,3% nel 2014. Oltre al Pil con minore smalto degli altri nordici, Elga Bartsch, European chief economist di Morgan Stanley, individua altre tre spine nel fianco di Helsinki: «Il calo delle esportazioni, l'effetto-Nokia, con l'utile operativo del colosso delle tlc passato dal 4,4% del Pil nel 2007 al -0,6% nel 2011, e i consumi in stallo». Bartsch cita poi un aspetto politico: la "fatica da salvataggio". «Ogni pacchetto di aiuti europei – dice – deve essere approvato dal Parlamento e potrebbe essere difficile in futuro per la maggioranza ottenere il via libera del partito euroscettico».
La Svezia ha appena incassato il plauso dell'Ocse per la sua capacità di resistere alle turbolenze, «grazie a politiche macroeconomiche sane e alle riforme strutturali intraprese fin dagli anni 90». Secondo l'Ocse «la sfida sarà proseguire su questo trend di crescita» e «il mantenimento di un alto livello di welfare contribuirà a proseguire sulla strada delle riforme». Quest'anno Stoccolma dovrebbe crescere dell'1,9%, ma un nervo scoperto è il mercato immobiliare, con prezzi che dopo il picco del 2010 hanno imboccato la strada della discesa. L'Ocse invita perciò ad ampliare l'offerta di case in affitto e a intensificare la concorrenza nel settore delle costruzioni.
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