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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2012 alle ore 15:10.
L'ultima modifica è del 10 giugno 2012 alle ore 16:41.

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La Spagna è di fatto il quarto paese della zona euro - dopo Grecia, Irlanda e Portogallo - sottoposto a un programma di assistenza. Madrid non ha le risorse per ricapitalizzare le proprie banche, non può quindi ottenere liquidità e garantire credito alla propria economia che rischia di cadere in depressione con un lavoratore su quattro già senza impiego.
L'avvitamento tra crisi bancaria e crisi del debito è in corso e i titoli pubblici vengono collocati a tassi troppo alti.

Per l'Italia significa la caduta del diaframma che separava il nostro paese dal gruppo degli altri paesi in difficoltà. La consapevolezza della gravità della situazione è stata riconosciuta ieri dal governo italiano e dal governatore Visco che in occasione del Consiglio Italia-Usa ha definito «scoraggianti» le condizioni dei mercati.
A sette giorni dalle elezioni greche l'Europa è costretta a riconoscere che la disponibilità di maggiori risorse finanziarie di sostegno ai paesi più deboli resta un requisito vitale per la sopravvivenza dell'euro, rimasto inevaso. L'ipotesi sostenuta dal governo tedesco secondo cui l'area euro è oggi in grado di sopportare un'uscita della Grecia ha ricevuto un'eloquente risposta dalla crisi di Madrid.

Credo che pochi osservatori abbiano sostenuto da anni con altrettanta convinzione di chi scrive che la crisi nell'area euro sarebbe potuta terminare solo con una governance comune, cioè un'unione politica. Tuttavia l'idea di risolvere oggi la crisi in corso annunciando un «grande disegno» di integrazione finanziaria, fiscale e politica, da completare nei prossimi dieci anni «per ancorare le aspettative» sembra, più che un disegno, un trompe-l'oeil, cioè un consapevole inganno della realtà. Perchè dovrebbe essere credibile un progetto di unione politica nel 2020 se problemi, altrettanto esistenziali e più concreti, non vengono risolti adesso? Se si vuole convincere gli investitori purtroppo bisogna rispettare una vecchia regola: metti il tuo denaro dove metti le tue parole.

Il modo in cui la crisi spagnola si è sviluppata dimostra infine che la sovranità fiscale e finanziaria a livello nazionale confligge - oggi, non nel 2020 - con la soluzione della crisi. I ritardi e le incertezze del governo spagnolo nell'affrontare la crisi di Bankia si sono ripercossi sul sistema finanziario di tutta l'area euro e anche su sistemi bancari più solidi di quello spagnolo. Le azioni delle banche europee hanno infatti andamenti tra loro correlati e una crisi in un paese deprime il capitale delle banche degli altri paesi favorendo una stretta del credito in tutta l'area euro. Chi si chiede per quale ragione le grandi operazioni di finanziamento della Bce non siano ancora arrivate all'economia deve considerare l'incertezza sul mercato interbancario che ha reso disfunzionali intere fette del sistema finanziario europeo. In un certo senso stiamo tutti pagando, moltiplicati, gli errori di tutti.

I 100 miliardi di fondi stimati necessari per le banche spagnole verranno dai fondi stanziati dai contribuenti dell'area euro. Viviamo una strana forma di corresponsabilità fiscale senza unione fiscale, per convivere con un'interdipendenza finanziaria senza unione bancaria.
Il fatto che la vigilanza bancaria sia ancora delegata alle agenzie di regolazione nazionali favorisce il nascondimento delle condizioni di fragilità che emergono di sorpresa in modo traumatizzante nelle banche senza che un sistema di sanzionamento europeo costringa i supervisori nazionali a maggiore correttezza.
L'unico modo per costringere i regolatori bancari nazionali a trasferire tutte le informazioni che hanno sullo stato delle banche è proprio quello di sottoporli all'autorità di controllo dell'Ue o del Fondo monetario nel contesto di un programma di assistenza. In questa luce, la crisi spagnola, prima ancora che una crisi bancaria, è una crisi causata dalla pretesa di sovranità nazionale in Europa.

Dal 2008 Madrid ha adottato quattro diversi interventi di "pulizia" delle banche senza completare l'opera. In particolare, il governo di Mariano Rajoy si nega da almeno tre mesi alle richieste dei partner di sottoporre le banche ad assistenza comune. La credibilità di Rajoy è caduta fin dalla sua prima apparizione a Bruxelles dopo aver smentito ripetutamente gli impegni europei. Fino agli ultimi giorni Rajoy aveva cercato di rinviare la richiesta di assitenza a fine giugno senza considerare l'aggravarsi dei rischi in caso di un esito elettorale infausto in Grecia.
La crisi spagnola contiene tutti gli elementi da cui è composta una soluzione complessiva della crisi europea: dimostra la necessità di un'unione bancaria e finanziaria; rivela l'esistenza di trasferimenti di reddito tra paesi degni di un'unione fiscale; infine dimostra che le responsabilità politiche nazionali sono inadeguate e che è necessaria un'unione politica. Tutto ciò nel 2012 e non nel 2020.
cbastasin@brookings.edu

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