La battaglia del cibo

Il documento in discussione all’Onu che mette a rischio il made in Italy alimentare

di Redazione online

Agroalimentare italiano, le garanzie del Ceta

6' di lettura

Non si placano i timori per la sorte di alcuni prodotti tipici del comparto agroalimentare italiano che potrebbero venire penalizzati dall'High Level Meeting delle Nazioni Unite sulle malattie non trasmissibili (Malattie cardiovascolari ed infarto, diabete e cancro), in agenda a New York il prossimo 27 settembre. Un meeting che produrrà un documento conclusivo attualmente in preparazione (Il Sole 24 Ore è entrato in possesso di stralci del documento che mostriamo sotto) e verrà approvato da Capi di Stato e di Governo. Ma andiamo con ordine.

Federalimentare, che rappresenta quasi 7mila imprese di un settore cardine del made in Italy (137 miliardi di fatturato annuo e 385mila posti di lavoro), qualche giorno fa aveva lanciato l’allarme per bocca del suo presidente Luigi Scordamaglia. I contenuti di un successivo articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore , intitolato Onu, agroalimentare italiano sotto accusa: «olio e grana come il fumo», sono stati ripresi e rilanciati da diverse testate scatenando un infuocato dibattito sui social network.

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Il documento dell’Onu sui rischi alimentari

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COSA DICE L’OMS
Sul tema è intervenuto anche Francesco Branca, direttore del Dipartimento di nutrizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per la salute e lo sviluppo che ha definito, via agenzia Ansa, «non corrette» le notizie di stampa relative alla possibile penalizzazione di prodotti alimentari tipici italiani. Ecco stralci del Branca pensiero:

L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) non «criminalizza specifici alimenti», ma fornisce indicazioni e raccomandazioni per una dieta sana e le notizie di «bollini neri dell'Oms su tale o tale alimento non sono corrette».

Nell'ambito alla lotta alle malattie croniche, dal diabete al cancro alle malattie cardiovascolari, l'Oms si adopera in particolare per promuovere la riduzione del consumo di sodio, zuccheri e grassi saturi. L'Oms non criminalizza determinati alimenti ma raccomanda politiche che promuovano un consumo parsimonioso degli alimenti che hanno alti contenuti di sodio, zuccheri o grassi saturi.

Lo stesso Branca, sempre via Ansa, ha confermato due cose importanti già descritte nell’articolo de Il Sole 24 Ore quanto a etichettatura dei prodotti ricchi di grassi, sale e zuccheri e a politiche dei prezzi per dis-incentivarne l’acquisto.

Ecco il passaggio in questione:

L'Oms raccomanda ai governi politiche per un'adeguata informazione, nelle scuole ad esempio, ma anche direttamente presso il consumatore con un'etichettatura dei prodotti in grado di fornire chiare informazioni sul loro contenuto. Anche le politiche dei prezzi possono essere utili. In particolare, se prodotti non-sani sono disponibili a prezzi bassi è più alta la probabilità che il loro consumo aumenti.

Nei giorni successivi alcune testate online come il Post e Valigia Blu hanno ripreso le parole di Branca e tacciato l’allarme alla stregua di «fake news», contestando il fatt0 che in un documento rilasciato qualche settimana fa dall’Oms e circolato in rete (si chiama Time to deliver) non ci fosse alcuna indicazione della pericolosità di questi prodotti made in Italy o che fossero equiparati al fumo.

In realtà il documento, mai citato nè menzionato nel nostro articolo, dice almeno tre cose a rinforzo di quel che abbiamo già scritto:

- è raccomandata l’etichettatura “a semaforo”
- è raccomandata la riformulazione e il ri-marketing del cibo contenente alti livelli di sale, zucchero e grassi saturi
- è raccomandata una «tassazione simile a quella su alcol e tabacco per altre sostanze non salutari qualora vengano accertate le concentrazioni non sane»

Una tipologia, questa, in cui rischiano di rientrare i prodotti tipici del made in Italy: il prosciutto perché ha troppo sale, l'olio extravergine di oliva e il parmigiano per i grassi, i prodotti dolciari per gli zuccheri.

IL DOCUMENTO DELL’ONU E I RISCHI PER IL MADE IN ITALY
Chi ci accusa di aver scritto un articolo senza documenti a sostegno potrà ricredersi perchè nelle navette negoziali in vista del meeting Onu di fine settembre il rischio penalizzazione di prodotti ricchi di sale, grassi e zuccheri - come lo sono alcuni tipici del made in Italy -, è reale e concreta.

La prova?

Nel «pre-zero draft outcome document» in discussione in sede Onu e datat0 29 maggio 2018, misure fiscali penalizzanti ed etichettature per disincentivarne l’acquisto sono espressamente menzionate:

- Al punto OP9 si parla apertamente di Best Buys dell'Oms che prevedono apposite indicazioni in etichetta front e retro pack (le indicazioni dell’Oms le trovate in coda al documento linkato nel’articolo che state leggendo).

- Al punto OP12 si fa espresso riferimento alle “full fiscal powers” cioè l’invito a usare la leva fiscale, quindi anche ad alzare i prezzi, come si fa per le sigarette, per disincentivarne il consumo.

Ovviamente nella discussione negoziale da qui a settembre questi riferimenti potranno essere eliminati o rinforzati a seconda delle posizioni che prevarranno.

Lettera dell’Oms al presidente del Perù

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BENE BRAVI BIS. LA LETTERA DELL’OMS AL PERÙ
In generale ci sono esponenti dell’Oms che sostengono l'introduzione di misure fiscali o forme di etichettatura dissuasive verso alimenti «poco salutari».

Qui sotto trovate 4 esempi:

1) Un tweet di Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms

2) Un tweet di Svetlana Axelrod, capo dipartimento Oms che rilancia un articolo di Bloomberg in cui si spiega l’importanza delle etichettature e dell’educazione alimentare nei casi di cibi e prodotti ricchi di sale, grassii e zuccheri.

3) Inoltre l’ufficio Panamericano dell’Oms (PAHO) invita da tempo i Paesi a implementare il proprio modello di «profili nutrizionali» . Tra le principali richieste agli stati membri, il PAHO include l'uso di etichette fronte pacco con «warning» simili a quelli utilizzati per le sigarette e l'applicazione di tasse su alimenti o bevande considerati non salutari.

4) E ancora. L’8 dicembre 2017 il direttore generale dell’Oms ha spedito al presidente del Perù questa lettera entusiasta in cui si elogia la nuova legge nazionale sulla prevenzione alimentare e le segnalazioni sul packaging dei prodotti contenenti sale e grassi.

A questo punto la critica potrebbe essere:

Ma l’indicazione che fa l’Oms di prodotti non salutari non contempla i classici prodotti tipici italiani: prosciutto, mozzarella, parmigiano, olio di oliva.

Invece è sbagliato!

La bollinatura nera che contraddistingue i prodotti dannosi e che si va estendendo in alcuni paesi del mondo non esclude affatto il parmigiano o il prosciutto crudo, anzi. Ad esempio in Cile molti prodotti made in Italy vengono venduti nei supermercati, bollati come non salutari.

Guardate queste foto:

E ancora. In questa tabella sempre della PAHO pubblicata nel 2014 e relativa alla cosiddetta «salt reduction» , nell’elenco dei prodotti «target» si cita la categoria dei formaggi duri e formaggi grattugiati mentre prodotti tipici italiani come mozzarella e provolone sono espressamente citati.

Per riassumere, a beneficio di chi ci ha accusato di aver propalato fake news: è ovvio che l’Onu non cita espressamente nei suoi documenti i prodotti italiani né dice che sono come il fumo. Il fatto vero è che, per composizione e proprietà nutritive, molti nostri prodotti rischiano di rientrare nel perimetro dei «non salutari» e, quindi, da penalizzare. Come già avviene in alcuni paesi elogiati dall’Oms o comunque menzionati tra i cibi da ridurre nelle tabelle nutrizionali degli uffici regionali dell’Organizzazione di Ginevra.

IL DANNO ECONOMICO
Da questo punto di vista il potenziale danno economico che si produrrebbe da una penalizzazione di questi prodotti è abbastanza intuitivo. Un'indagine NOMISMA del 2016 sulle etichette a semaforo inglesi ha dimostrato che tutti i prodotti tipici italiani colpiti dal bollino rosso hanno subito forti contrazioni nelle vendite. L'etichetta colorata, introdotta da giugno 2013, è infatti facoltativa ma fortemente raccomandata da alcuni governi, tanto che è stata adottata dal 98% delle imprese della distribuzione in UK.

Sulla base di dati Nielsen – pari al 25,7% della grande distribuzione nel Regno Unito – è emerso che, ad esempio, il parmigiano senza il semaforo colorato ha incrementato, fra il 2013 e il 2015, la quota di mercato UK del 7% e il volume di vendita del 54 per cento. Mentre quello “etichettato”, negli stessi periodi, ha perso, rispettivamente il 7 e il 10 per cento. Stessa cosa per il prosciutto crudo di Parma. Senza etichetta colorata, le vendite erano salite a +17%, quello con etichetta aveva azzerato la crescita (-17 per cento).

In sostanza, pur senza lanciare eccessivi allarmismi, il rischio di una penalizzazione di alcuni nostri prodotti tipici sui mercati di mezzo mondo è reale. Le prossime saranno le settimane negoziali decisive in vista dell'High Level Meeting delle Nazioni Unite sulle malattie non trasmissibili. Le raccomandazioni contenute nel documento finale non saranno magari vincolanti, ma rappresenteranno in ogni caso un documento approvato in forma solenne da Capi Stato e di Governo.

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