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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2013 alle ore 14:36.

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I mercati finanziari? Non sono «paesi» per vecchi. Il richiamo al film dei fratelli Coen può sembrare una battuta. E, invece, non è così: il fattore demografico, infatti, è una variabile rilevante anche delle performance dei listini.

Lo studio degli esperti
La prova? La fornisce un'interessante report dell'Ufficio analisi tecnica del Gruppo Banca Sella che ha valutato la performance dei listini mondiali dal 2000 ad oggi. Ebbene, gli esperti hanno rilevato che cento unità di valore in euro, investite all'inizio del millennio sulla Borsa di Mosca, oggi (alla chiusura del 22 marzo 2013) sarebbero diventate 662 unità di valore. In percentuale significa una crescita del 562%. Lo scenario è replicato (seppure in misura minore), ad esempio, in quel del Sud Africa. Qui il «pacchetto» iniziale investito sarebbe salito a 259 unità di valore. Cioè, il rialzo nel terzo millennio è del 159%. La storia, peraltro, potrebbe proseguire su tanti altri Paesi emergenti: dall'India (+132%) alla Corea (+50%) fino al Brasile (+124%).

L'andamento dei listini più «vecchi»
Discorso diverso, invece, sui mercati più maturi. Quelli Occidentali. Qui, ad esempio, le 100 unità investite sull'Eurostoxx 50, in avvio del 2000, al 22 marzo scorso sarebbero valse 56 unità. Certo, il recente rally dell'ultimo mese ha portato più in alto l'ultimo valore. Cioè, il consuntivo dell'Eurostoxx 50 è migliore. e, tuttavia, ciò è irrilevante ai fini dell'analisi.

Gli indicatori demografici
Quello che importa, infatti, è la correlazione esistente tra le performance dei listini e la demografia dei Paesi. Gli Stati, infatti, con il valore più basso nel rapporto tra la totalità di ultrasessantenni e le persone in età lavorativa sono anche quelli che vantano la migliore performance. La Russia, per esempio, ha l'indicatore demografico che vale 18; quello medio dell'Ue è di 26. Per l'appunto, il listino della più «giovane» Mosca ha messo a segno una crescita, seppure tra alta volatilità, maggiore della «vecchia» Europa. E lo stesso discorso può farsi nei confronti degli Stati Uniti. Certo, è ben vero che per gli Usa l'indicatore demografico non risulta così alto (20). Inoltre, con l'S&P500 che ha toccato i massimi storici il consuntivo da inizio 2000 è leggermente positivo. Infine, la solidità dell'impostazione di Wall Street non può paragonarsi a quella di listini come Mosca (peraltro in stallo negli ultimi tempi).

La minore propensione al rischio
E, tuttavia, l'indicazione di fondo non cambia: società a più anziane corrispondono performance di Borsa peggiori. Già ma per quali motivi? In primis, rileva la maggiore spesa pensionistica che pesa su di un numero più basso di buste paga. Una minore «produttività» di sistema, cioè, che schiaccia le Borse. E poi, la stessa maggiore ètà riduce la propensione all'investimento sul capitale di rischio. I mercati non sono «Paesi» per vecchi.

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