metalli

L’«effetto Trump» adesso fa correre l’oro (e soffrire il rame)

di Sissi Bellomo

(Olycom)

1' di lettura

L’«effetto Trump» è tornato a colpire i metalli, ma in maniera opposta rispetto a quanto era accaduto all’indomani della vittoria elettorale: se a novembre era stato il rame e non l’oro a correre, adesso sta accadendo il contrario.

Le quotazioni del lingotto ieri si sono spinte fino a 1.261 $/oncia sul mercato spot londinese, un record da un mese, vicinissimo ai livelli a quali scambiava in novembre, poco prima del voto per la Casa Bianca.

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Il rame viceversa è scivolato ai minimi da due settimana al Lme, a 5.671 $/tonnellata, accompagnato in ribasso dagli altri metalli non ferrosi (che risentono anche di timori sull’economica cinese).

L’insuccesso di Trump, che venerdì non è riuscito a far approvare la riforma dell’Obamacare, ha alimentato lo scetticismo sulla reale praticabilità delle misure promesse in campagna elettorale, in particolare i piani di stimolo fiscale e sviluppo delle infrastrutture.

Il ripensamento degli investitori, che avevano risposto con entusiasmo all’elezione del presidente, ha indotto a modificare le strategie, con una riorganizzazione dei portafogli che sta nuocendo ai listini azionari e al dollaro, ma che per converso favorisce l’oro.

Il metallo prezioso aveva peraltro già beneficiato dell’approccio, più morbido del previsto, della Fed nel percorso verso il rialzo dei tassi di interesse.

La resistenza rappresentata dalla media mobile degli ultimi 200 giorni non ha ancora ceduto, ma è stata sfidata per la seonda volta in un mese. Una chiusura sopra 1.259 $, osservano gli analisti tecnici, libererebbe la strada al rally.

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