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Ora una politica fiscale europea

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Scenari

Ora una politica fiscale europea

Seppure in grave ritardo, ora anche l'area euro ha una politica monetaria adeguata alle eccezionali circostanze economiche in cui si trova. Sarà sufficiente questo a risollevare l'economia europea?
Nel scegliere come attuare il Quantitative easing, la Banca centrale europea doveva trovare il giusto equilibrio tra le esigenze economiche e i vincoli politici.

Come evidenzia la reazione dei mercati, la Bce ha fatto le scelte giuste. Per assecondare l'opinione pubblica tedesca, il rischio di un eventuale default ricade principalmente sulle banche centrali nazionali. Oltre al significato simbolico, ciò rende marginalmente più rischioso il debito sovrano del Sud Europa, perché viene meno un'automatica condivisione dei rischi tra Paesi. Ma questo effetto negativo è più che compensato dagli altri aspetti annunciati dal presidente Draghi: l'importo complessivo ben superiore alle attese, la sua concentrazione nei prossimi 18 mesi, l'impegno a continuare fino a che le proiezioni di inflazione non tornino vicino al sentiero desiderato, la durata potenzialmente anche lunga dei titoli acquistati (tra due e trent'anni). Complessivamente il Qe europeo assomiglia a quello americano, per dimensioni e modalità di attuazione. Più di così la politica monetaria non può fare.

Com'è accaduto negli altri Paesi, questa forte iniezione di liquidità indurrà le banche a rivedere la composizione del loro attivo e i capitali privati a spostarsi su investimenti più rischiosi, principalmente azioni e obbligazioni ad alto rischio. In assenza di sorprese dalla Grecia, quindi, la reazione positiva dei mercati azionari dovrebbe continuare, così come la discesa del tasso di cambio. Ciò fa parte degli effetti voluti, e del meccanismo con cui il Qe si trasmette all'economia reale.

Non per questo però dobbiamo aspettarci grandi effetti sull'economia. In Europa il credito è erogato dalle banche, che sono molto più vincolate dal capitale che dalla liquidità. Le imprese quotate sono relativamente poche, e l'aumento dei corsi azionari ha effetti modesti sugli investimenti. La domanda di credito è scarsa (la Lending Survey suggerisce che forse la domanda sta toccando il minimo in questi mesi), e lo resterà fino a che non aumenti la domanda aggregata. La svalutazione del cambio avrà effetti più rilevanti, che però non vanno sopravvalutati (le esportazioni dell'area euro sono solo il 20% del reddito).
Insomma, prima che Qe abbia effetti sull'inflazione potrebbe passare molto tempo. Il che vuole anche dire che il Qe durerà a lungo. Come hanno scoperto altre banche centrali, una volta imboccata la strada del Qe è difficile abbandonarla. Ed è anche per questo che i mercati azionari festeggiano. Sembra un paradosso ma non lo è: gli effetti macroeconomici del Qe sono lenti e modesti, quindi l'iniezione di liquidità dura a lungo, e quindi le Borse salgono.

Il rischio, naturalmente, è che le quotazioni si allontanino troppo dai fondamentali economici. E questo è anche il maggior inconveniente del Qe.
Per ridurre l'inconveniente c'è una via maestra: accompagnare l'espansione monetaria con un'espansione fiscale, per sostenere la domanda aggregata e raggiungere al più presto l'obiettivo d'inflazione. Il Qe allenta il vincolo di bilancio sui governi, perché sostituisce debito pubblico in circolazione (una passività dello Stato) con moneta (che per definizione non deve essere rimborsata). L'effetto è tanto maggiore quanto più a lungo dura l'espansione del bilancio della banca centrale. I governi dell'area euro potrebbero quindi aumentare temporaneamente il disavanzo fiscale, senza per questo peggiorare la sostenibilità del loro debito. Ma questo difficilmente accadrà, perché il coordinamento della politica fiscale e monetaria nell'area euro è un tabù ancora insuperabile.

Chi in Europa si oppone al coordinamento tra politica monetaria e fiscale per combattere la deflazione, lo fa in nome della stabilità finanziaria di lungo periodo. Il risultato però è l'opposto. Vincolandoci a combattere la deflazione con la sola politica monetaria, usiamo uno strumento che ormai è poco efficace. La Bce sarà costretta a continuare a iniettare dosi ingenti di liquidità, in attesa che la reazione dei mercati finanziari si trasmetta finalmente all'economia reale. Se l'area euro andrà incontro a periodi di forte volatilità finanziaria, non dovremo incolpare la Bce, ma chi si è opposto all'uso dello strumento fiscale.

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