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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2014 alle ore 15:50.
L'ultima modifica è del 04 febbraio 2014 alle ore 17:24.

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Il dramma è che, secondo le stime del ministero dell'Economia (Mef) , la spesa non conoscerà soste neanche nei prossimi anni.

Altri 10 miliardi al 2016
La nota tecnica del Mef prevede una mole di trasferimenti pubblici (dallo Stato) alla previdenza che non smetterà di salire. Per il 2014 le stime parlano di 119 miliardi che saliranno a 122 miliardi a fine 2016. Rallenta il passo di marcia, rispetto agli ultimi 5 anni, ma non c'è capitolo di spesa pubblica che aumenti a questi ritmi.

Il tema di fondo è che non si attenua il forte disavanzo tra le entrate (cioè i contributi versati da imprese e lavoratori) e le uscite per pensioni e assistenza dalle casse dell'Inps, ora che ha incorporato anche l'Inpdap (il dissestato ente dei dipendenti pubblici). E dato che le pensioni vanno pagate e che l'Inps non può fallire, il buco tra entrate e uscite lo deve sanare per forza lo Stato. Basti pensare che nel 2012 le entrate da contributi si sono fermate a 208 miliardi, mentre le uscite per le prestazioni sono state di 295 miliardi.

Ecco qui il profondo divario che non consente oggi al sistema della previdenza di autofinanziarsi. Certo, gran parte di questo buco deriva dall'assistenza. Sono le pensioni sociali, le indennità varie, le reversibilità ai superstiti. Ma anche le invalidità civili, che da sole costano allo Stato oltre 17 miliardi. Tutte prestazioni che non hanno alle spalle contribuzioni versate e quindi del tutto a carico del bilancio pubblico.

I contributi non bastano a fronteggiare le spese
L'assistenza costa da sola 72 miliardi. Ma la verità è che anche le gestioni previdenziali soffrono disavanzi strutturali. L'ex Inpdap da sola perde ogni anno, da tempi lontani, quasi 9 miliardi. È lo sbilancio tra contributi, erosi oggi dal blocco del turn over, e pensioni che tendono a salire. Rispetto alle pensioni dei lavoratori privati, poi, la media dei trattamenti pubblici è più alta di un 30%. Ovvio che in queste condizioni lo squilibrio si aggraverà. L'ex Inpdap non è un caso isolato. Quasi tutte le gestioni previdenziali sono infatti in pesante squilibrio sull'autofinanziamento.

I contributi versati non bastano a fronteggiare le spese (crescenti) per le pensioni. Sono gli effetti che dureranno a lungo, non solo della crisi, ma anche dell'onerosissimo sistema di calcolo retributivo. Che avvantaggia chiè andato in pensione negli anni scorsi e che incassa prestazioni previdenziali ben più alte rispetto ai contributi versati durante la vita lavorativa.

Divari tra contributi e prestazioni strutturali in quasi tutte le gestioni
L'Inpdap, l'ex gestione dei dipendenti pubblici, da sola porta nel 2013 nei conti dell'Inps una perdita per 8,85 miliardi e un deficit patrimoniale monstre di 26 miliardi. L'ex Inpdap è solo la punta dell'iceberg. Tutte le gestioni previdenziali sono in profondo rosso da tempo con l'unica esclusione dei parasubordinati. Partite Iva, professionisti e co.co.co versano solo contributi senza uscite previdenziali. L'utile di 8,5 miliardi della gestione dei giovani viene del tutto eroso dal profondo rosso delle altre gestioni.

Ecco le gestioni in rosso
Gli agricoltori vantano, per così dire, una perdita per 5,4 miliardi; gli artigiani per 5,9 miliardi; i dirigenti d'azienda (ex Inpdai) sono in rosso per 3,8 miliardi. Così come in perdita cronica per più di un miliardo ciascuno sono il fondo trasporti e il fondo telefonici, mentre il fondo elettrici chiuderà il 2013 con perdite per 1,9 miliardi. Il dato drammatico è che le perdite non sono episodiche. Il trend negativo è in atto da anni.

Pesa la crisi che erode i contributi, ma pesa soprattutto nello sbilancio entrate/uscite l'aumento costante delle nuove pensioni e il calcolo retributivo che tiene alta la forbice, e lo farà ancora per anni, tra contributi effettivamente versati e pensioni pari al 70-80% degli ultimi stipendi. Per gli effetti calmieranti della riforma Fornero c'è da aspettare ancora molto tempo.

Ed ecco chi paga
E alla fine tocca a due soggetti coprire i disavanzi. Lo Stato che dovrà aumentare ogni anno di circa 10 miliardi i suoi trasferimenti e i giovani delle gestioni parasubordinate. Loro stanno solo versando senza o con poche uscite previdenziali e la loro gestione è in attivo per oltre 8 miliardi. E' quell'attivo che copre i deficit delle altre gestioni.

Il problema riguarda il futuro. Se oggi i giovani pagano per gli anziani che succederà agli ex giovani quando toccherà a loro andare in pensione?

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