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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2012 alle ore 07:24.

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La Ue rinvia gli aiuti alla GreciaLa Ue rinvia gli aiuti alla Grecia

L'Eurogruppo ha preferito ieri rinviare a lunedì l'atteso via libera a un nuovo piano di salvataggio della Grecia, in grave crisi debitoria. Finché non verranno risolti gli ultimi nodi la cautela rimane però d'obbligo: alcuni Paesi vorrebbero iniziare prima la ristrutturazione del debito, con il coinvolgimento delle banche, e successivamente dare il benestare a nuovi aiuti finanziari. Operazione difficile, oltre che rischiosa.

«Ulteriore e sostanziale progresso è stato compiuto» dalla riunione degli sherpa economici martedì, ha spiegato ieri sera Jean-Claude Juncker. Il presidente dell'Eurogruppo ha preso atto delle «forti assicurazioni» dei leader politici greci sul loro impegno ad adottare le misure decise con la troika, composta dalla Commissione, dalla Banca centrale europea, e dal Fondo monetario internazionale.

«Un ulteriore lavoro ha permesso alla Grecia e alla troika di identificare i 325 milioni di euro di tagli al bilancio e di mettere a punto una lista dettagliata di misure (da introdurre prima del versamento delle diverse tranches di prestiti, ndr) con uno scadenzario per la loro adozione», ha spiegato ancora Juncker in un comunicato pubblicato dopo una riunione dei ministri finanziari in teleconferenza che ha sostituito un possibile vertice previsto per ieri.

Nel contempo, il presidente dell'Eurogruppo ha spiegato che manca ancora un accordo su «specifici meccanismi per rafforzare la sorveglianza del programma di risanamento e assicurare che il servizio del debito sia prioritario». Juncker ha concluso il suo comunicato affermando di essere «fiducioso» che l'Eurogruppo potrà prendere «tutte le decisioni necessarie» nella sua riunione già prevista di lunedì.

La discussione ha avuto toni relativamente distesi (anche se durante la riunione la Grecia ha criticato quello che ha definito il moltiplicarsi delle condizioni da parte dei suoi partner). Qualche ora prima della teleconferenza, Antonis Samaras, leader di Nuova Democrazia e probabile vincitore delle elezioni di aprile, aveva finalmente inviato una lettera in cui si impegna ad adottare le misure concordate con la troika.

Nella loro conversazione, i ministri hanno fatto il punto della situazione, tenuto conto delle diverse condizioni poste dall'Eurogruppo la settimana scorsa per dare il via libera al nuovo piano di aiuti da 130 miliardi di euro, associato a una ristrutturazione del debito da 100 miliardi. Nelle ultime riunioni europee, l'insofferenza nei confronti della ritrosia greca ad adottare misure convincenti è apparsa generalizzata.

Ieri a Bruxelles sono circolate diverse ipotesi. Alcuni Paesi hanno riferito della possibilità che il via libera al piano di aiuti potesse essere rinviato a dopo le elezioni di aprile, in modo da evitare che il programma diventi vittima della campagna elettorale. Nel frattempo, i ministri potrebbero dare il loro benestare (lunedì?) a una ristrutturazione del debito, così come deciso tra Atene e le banche creditrici.

Il comunicato di ieri sera non chiude la porta a questa eventualità. Tuttavia, ieri sera, non era assolutamente chiaro se l'operazione fosse tecnicamente possibile. Certo, avrebbe il merito di consentire al Governo tedesco, e ad altri, di chiedere l'autorizzazione parlamentare a nuovi aiuti ad Atene, ma garantendo ai deputati e all'opinione pubblica una politica dei piccoli passi, più rassicurante.

Cosa succederebbe però a quel punto il 20 marzo quando giungeranno a scadenza titoli greci per 14 miliardi di euro? «Si gioca sul filo del rasoio», ammette un diplomatico. Perché tutto proceda come previsto, i tasselli del puzzle devono cadere al loro posto. A questo riguardo, non menzionato nel comunicato di ieri è l'eventuale ruolo delle banche centrali nella ristrutturazione del debito greco, ancora oggetto di negoziato.

«Nonostante le probabilità di un fallimento greco siano salite al 50% - spiegavano ieri gli analisti di Citigroup - continuiamo a prevedere un accordo dell'ultimo minuto su un secondo pacchetto di aiuti e su una ristrutturazione volontaria del debito da parte delle banche». Sempre più però la vicenda greca ricorda quella di Lehman Brothers, il cui crollo nel 2008 è giunto più per drammatica insipienza che per scelta razionale.

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