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La lettura chiede tempo? Diamoglielo

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I DATI DELL’ISTAT SUOL COMMERCIO LIBRARIO E LE NUOVE ABITUDINI

La lettura chiede tempo? Diamoglielo

Ralph Waldo Emerson, pensatore tra i più acuti dell’Ottocento americano, meditato attentamente anche da Nietzsche, lasciò nel saggio «Società e solitudine» una raccomandazione: «Non leggete mai un libro che non sia vecchio di un anno». Il secolo romantico poteva ancora permettersi un lusso simile; oggi, se applicassimo tale regola, crollerebbe l’industria editoriale. E, con essa, rischierebbe l’estinzione anche quella materia indefinibile, ma estremamente importante, chiamata cultura.

Quanto valeva nel secolo di Leopardi, Nietzsche e Marx in materia di lettura oggi va preso con il beneficio d’inventario, di certo non possiamo applicarlo alle nostre abitudini. Ce ne rendiamo conto anche dinanzi a una buona notizia, come quella resa nota dal presidente dell’Aie (Associazione italiana editori) Federico Motta, che ha valutato i dati del 2015 dell’Istat, riguardanti la lettura dei libri nel nostro Paese: si registra una percentuale dell’1,7 per cento in più rispetto al 2014. Oggi legge in media almeno un libro cartaceo all’anno il 42% degli italiani con più di 6 anni (era il 41,4% nell’annata precedente); per dirla in breve, “si sono recuperati” circa 412mila lettori. Un discorso a parte va fatto per gli ebook: nel 2015 ci sono stati 4,687 milioni di italiani che li hanno letti o comunque consultati (è il 14,1% della popolazione che ha usato Internet negli ultimi tre mesi). Ma, prendendo in prestito ancora le parole di Motta, «i dati non possono purtroppo essere sommati», anche se «l’insieme di questi due indicatori è interessante».

In margine a queste cifre occorre aggiungere che l’intensità di lettura cala con l’età: i picchi si registrano nel periodo scolare e le percentuali si fanno più magre man mano la popolazione invecchia. I giovani, insomma, sono la fetta più rilevante del mercato; le donne leggono più degli uomini, anche se tra questi si nascondono alcuni grandi malati di febbre cartacea.

Altre riflessioni si possono tentare considerando il tipo di libro oggi pubblicato (e non soltanto in Italia). Opere che restano esposte per lungo tempo si contano sulle dita delle mani, in genere si può dire che siamo dinanzi a prodotti stagionali. Un romanzo può continuare la sua permanenza nei posti d’onore se vince un premio di un certo rilievo (in un Paese che ha circa tremila concorsi con o senza lode economica, escludendo le gare organizzate dalla Rete), se partecipa a una polemica, se il suo autore diventa un caso di cronaca. Contrariamente – e da questo fenomeno non sono escluse produzioni di valore – i banchi delle librerie, colpiti dalle spese di gestione, sono diventati come dei tapis roulant e un’opera può avere una visibilità di qualche settimana; di certo non supera il trimestre.

Poi, se è fortunata, finisce non in resa ma in uno scaffale, dove soltanto chi la sta inseguendo riesce a scovarla. La Rete, comunque, aiuta: online si trovano i libri che non si riescono a vedere. Certo, vale sempre la regola che un’opera si scopre compulsandola, mentre su Internet si acquista quello che già si cerca o si conosce.

Sembra inoltre che si sia intensificato il fenomeno di autori con buone permanenze televisive o al centro dell’attenzione mediatica: non sono “il” male, come qualcuno vorrebbe, giacché questo genere di libri può aiutare la produzione più seria e di lunga durata.

I conti delle case non si basano su eventuali miracoli ma sui bilanci. E inoltre, amava ripetere un editore vero come Mario Spagnol, chi sa dire cosa resterà? Non possiamo certo permetterci di ipotecare i gusti del futuro: nel frattempo, è meglio vendere. Le opere fondamentali di Schopenhauer e di Nietzsche finirono al macero e i tanto disprezzati feuilleton ottocenteschi, pagati a riga e quindi ricchi di battute sospese, dopo aver venduto milioni di copie sono diventati dei classici. Dumas guadagnò come Creso mentre Manzoni vendette non pochi terreni per pagare la stampa accuratissima del 1840 de «I Promessi Sposi». Oggi soltanto un intenditore distingue le qualità dei due grandi romanzieri, ponendone in evidenza i diversi valori.

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