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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2014 alle ore 15:54.
L'ultima modifica è del 19 gennaio 2014 alle ore 16:19.

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TOKYO – Gli elettori di un paese di 60mila abitanti non hanno accettato il "voto di scambio" proposto dal partito di governo, che aveva già strappato il consenso del governatore della provincia: il risultato è il primo vero schiaffo politico al premier giapponese Shinzo Abe (al potere da poco più di un anno) e la prospettiva di qualche ulteriore tensione tra Giappone e gli Stati Uniti sul riposizionamento delle forze armate Usa a Okinawa.

No alla nuova base dei marines. Nago è un paese al centro-nord di Okinawa, l'isola dell'arcipelago delle Ryukyu dove si concentra oltre il 70% della presenza delle forze armate statunitensi in Giappone (34 installazioni militari e oltre 28mila soldati). Le elezioni di domenica 19 gennaio 2014 hanno confermato come sindaco Susumu Inamine, primo cittadino dal 2010, che si oppone strenuamente alla costruzione di una nuova base per i marines (con tanto di aeroporto a doppia pista) nella località di Henoko. Inamine ha battuto il rivale Bunshin Suematsu, sostenuto dal partito liberaldemocratico di Abe e favorevole al progetto. A nulla è valso, presso gli elettori, il fatto che il segretario generale del Pdl, Shigeru Ishiba, avesse promesso nei giorni scorsi ai cittadini di Nago che il governo avrebbe costituito un fondo speciale da 50 miliardi di yen per rivitalizzare l'economia locale. Il governatore di Okinawa, Hirokazu Nakaima, era stato invece conquistato dalle promesse di ottenere ingenti risorse per lo sviluppo economico dell'intera isola, per ben 346 miliardi di yen nel prossimo anno fiscale e per circa 300 miliardi di yen (quasi 3 miliardi di dollari) l'anno fino al 2021: Nakaima aveva cambiato posizione e dato l'ok alla nuova base il 27 dicembre. Giusto in tempo perchè il premier Abe potesse placare l'irritazione degli Usa per la sua visita del giorno prima al tempio nazionalista Yasukuni di Tokyo, biasimata in un comunicato della stessa ambasciata Usa a Tokyo che esprimeva «disappunto» per una mossa destinata a alzare le tensioni con Cina e Corea.

La questione e il rifiuto. La carota del governo, sotto forma di aiuti per la zona del Paese che resta la più arretrata, non è bastata per una serie complessa di motivi. In sostanza, Okinawa è stata teatro della più grande e sanguinosa battaglia nella guerra del Pacifico ed è stata sotto occupazione diretta americana fino al 1972 (venti anni in più del resto del Giappone). L'ampiezza delle servitù militari e della presenza di soldati crea forti risentimenti nonostante i vantaggi economici: in particolare, ci sono stati gravi e ripetuti casi di violenze sessuali, mentre alcuni incidenti hanno messo a rischio la vita e le proprietà di chi risiede vicino alle installazioni militari. Fin dal 1996 era stato concordato tra il governo americano e quello giapponese di chiudere la base dei marines di Futenma, situata dentro un'area ad alta densità abitativa, alla condizione di costruirne un'altra in una zona più periferica. Una decina di anni dopo si era chiusa una intesa più specifica tra le due parti, che prevede la riduzione del numero dei militari Usa a Okinawa (con lo spostamento di una parte di loro a Guam) nel quadro della chiusura di Futenma e della costruzione della nuova base a Henoko. Un piano ancora fermo per la forte opposizione suscitata. La maggior parte della popolazione locale non accetta quella che appare a molti occhi una presa in giro, ovvero introdurre la realizzazione di una nuova grande base in un progetto spacciato come riduzione del peso delle servitù militari sull'isola.

Conseguenze. Il sindaco Inamine ha già avvertito che farà di tutto per bloccare la realizzazione della base. Di per sè non ha l'autorità per annullare formalmente il piano, ma ha strumenti amministrativi e pratici per ostacolarne fortemente la realizzazione. Si profila dunque un braccio di ferro con il governo Abe, per il quale, tra l'altro, Okinawa è sempre più importante sul piano militare anche perchè relativamente vicina alle isole Senkaku, che sono rivendicate dalla Cina. Il premier ne esce politicamente indebolito, a ridosso delle elezioni amministrative di Tokyo del 9 febbraio, dove sta ribollendo la questione del ruolo dell'energia nucleare (Abe vuole la riattivazione di vari reattori). Gli Usa continueranno a sentirsi presi in giro sulla questione del trasferimento della base di Futenma, che si trascina da quasi vent'anni: in ogni caso, terranno Futenma aperta anche se in mezzo alle abitazioni finchè non avranno a disposizione una alternativa. Per vari osservatori, la nuova base non si farà mai. Di sicuro la sua realizzazione sarà ulteriomente ritardata, anche se il Pentagono la desidera: non certo per una preoccupazione primaria nei confronti del rischio per i civili che abitano intorno a Futenma, ma perchè sul piano tattico e logistico sarebbe meglio avere un aeroporto di back-up più lontano dalla grande base dell'Air Force di Kadena (situata quasi a ridosso della Futenma Air Station).

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