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Banche e Stati. Fatalmente Uniti, Nel Bene e nel Male

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congiuntura

Banche e Stati. Fatalmente Uniti, Nel Bene e nel Male

L'ottimismo ufficiale ormai dilaga, a Bruxelles come in molte capitali europee. Certo, la situazione dell'eurozona sta migliorando, le tensioni si sono allentate, e le prospettive sono ora più favorevoli. Si può persino sperare che, per la prima volta dall'inizio della crisi, il Fondo Monetario Internazionale riveda al rialzo le previsioni di crescita per la zona euro nel suo aggiornamento del World Economic Outlook il prossimo 21 gennaio. Ben venga il clima di maggiore fiducia che ne risulta, poiché ogni ripresa ha bisogno di attese positive per alimentarsi. In questo quadro, non è certo il caso di sminuire i progressi in atto, guastando la festa ancor prima che inizi. Nel contempo non è neanche utile – anzi è nocivo – cullarsi in un ottimismo prematuro che indebolisce ogni volontà riformatrice, in Italia già assai tenue.

Tra i motivi di soddisfazione si ritrovano sia la discesa sui tassi del debito pubblico, in atto in tutti i paesi sinora sotto pressione (si veda il gran successo delle aste in Irlanda, Portogallo e Spagna), che l'apprezzamento dei titoli bancari, anch'esso diffuso. Entrambi i fenomeni sono in netta accelerazione dall'inizio dell'anno e, presi a sé, sono nettamente positivi. La discesa dello spread BTp-Bund verso quota 200 punti base – ai minimi dal 2011 – permette al Tesoro un risparmio apprezzabile nella gestione del debito pubblico. Anche se infinitesimale rispetto alla montagna del debito, ogni euro di spesa in meno è prezioso nelle circostanze attuali. Il rafforzamento dei bilanci bancari, da parte sua, era da tempo necessario e invocato da tutte le autorità di vigilanza, Bce in testa.

È però il connubio simbiotico dei due fenomeni che preoccupa. Si tratta della manifestazione palese che il legame nefasto tra banche e stati sovrani (il cosìdetto "doom loop"), lungi dall'essere stato spezzato, si è anzi rafforzato, nonostante i reiterati impegni di un vertice europeo dopo l'altro. Le banche hanno continuato a fare incetta di titoli sovrani, in una marcia ininterrotta. La liquidità eccezionale fornita dalla Bce (Ltro) è finita tutta lì: solo in Italia il portafoglio bancario di titoli di stato è raddoppiato da 200 miliardi di euro a fine 2011 a 403 miliardi dell'ultima rilevazione Bankitalia (novembre 2013). Nel contempo, com'è noto, i prestiti a imprese e famiglie si sono ridotti, e non vi è segno di ripresa – anzi, la stretta creditizia pare persino inasprirsi. È per questo che qualsiasi nuova iniezione di liquidità della Bce, se avviene, sarà probabilmente destinata esclusivamente al finanziamento delle imprese e delle famiglie, in una variante europea dello schema Funding for Lending della Banca d'Inghilterra.

Mentre per l'economia reale la situazione resta quindi grama, dal punto di vista delle banche ha offerto un affare al quale difficilmente potevano sottrarsi. L'aumento dei crediti bancari in sofferenza dettava prudenza nell'erogazione creditizia, la liquidità eccezionale della Bce offriva l'opportunità di un arbitraggio vantaggioso, e l'ascesa dei titoli di stato rafforzava i bilanci bancari. L'indice bancario STOXX Europe è salito di quasi il 35% dai minimi dell'estate 2013, con un quarto del miglioramento concentrato nelle prime due settimane del 2014. Ancor più marcato il fenomeno in Italia: i titoli raccolti nel Ftse bancario italiano sono saliti del 60% negli ultimi sei mesi. Nell'intero 2013, la capitalizzazione del settore è cresciuta di 20 miliardi, salendo complessivamente a 82 miliardi di euro.

Il fatto che il rapporto governi-banche appaia oggi virtuoso non toglie però dal suo potenziale destabilizzante. L'immagine-specchio di un rapporto fondamentalmente deleterio non ne cambia la natura: resta una mina vagante latente, pronta a saltare non appena l'attuale risalita dei titoli di stato dovesse invertirsi. Mentre il voto nuziale di due giovani sposini – uniti "nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia" – ha l'intento pregevole di mutuo sostegno nel bene e nel male, il legame che continua a vincolare gli stati europei e le loro banche ha piuttosto i connotati di un'attrazione fatale.

È dall'ormai lontano giugno 2012 che i leader europei ripetono che "è imperativo spezzare il circolo vizioso tra banche e stati sovrani." È questo l'obiettivo che ha inizialmente animato il progetto di unione bancaria, ma che l'accordo politico dell'ultimo vertice ha lasciato largamente disatteso. Non resta che sperare che vi ponga rimedio il negoziato in atto tra Consiglio, Commissione e Parlamento Europeo sul testo legislativo finale, e che si giunga a un'unione bancaria che sia davvero più "autentica" (per usare il termine del piano iniziale della Commissione, del novembre 2012, e fatto proprio dalla Bce). Altrimenti vi porrà rimedio con ogni probabilità la pressione dei fatti, come spesso accade in Europa. Va da sé che non è questa la via più auspicabile.

alessandro.leipold@lisboncouncil.net

@ALeipold

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