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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2012 alle ore 08:27.
L'ultima modifica è del 11 gennaio 2012 alle ore 08:57.

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Il vento della crisi sta soffiando sempre più minaccioso sull'Eurozona, portando in primo piano l'esigenza di trovare un accordo sulle misure da attuare per la "messa in sicurezza" dell'area. Le incertezze, i tentennamenti, i ritardi con cui è stata affrontata la questione hanno riacceso il dibattito sull'euro e sulla sua stessa sopravvivenza se non si procede a un completamento della cornice istituzionale all'interno della quale il disegno della moneta unica europea era stato collocato fin dal suo concepimento da parte del Comitato Delors.

I responsabili politici che decisero la costituzione della moneta unica erano consapevoli che il sistema avrebbe potuto operare correttamente solo se integrato con la creazione di un centro di governo della politica economica dell'Eurozona, con compiti di supervisione delle politiche di bilancio degli Stati membri, al fine di assicurare il rispetto dell'equilibrio dei rispettivi conti pubblici, presupposto per la crescita economica dei singoli Stati e dell'Eurozona nel suo complesso.

La mancata realizzazione di questo "centro di governo" ha determinato quella che fin dall'inizio ho denunciato come una zoppìa del sistema, una asimmetria istituzionale che nei dieci anni trascorsi dall'introduzione dell'euro non si è stati capaci di rimuovere: la separatezza tra politica monetaria e politica fiscale. La Banca centrale europea non svolge un ruolo di prestatore di ultima istanza perché non ha dietro di sé uno Stato, ma diciassette Stati con altrettanti debiti pubblici. Di conseguenza non deve sorprendere che i contribuenti dei Paesi con i conti in ordine siano restii a mostrarsi solidali nei confronti dei Paesi con alti livelli di debito pubblico, in nome di un interesse comune.

Lo stesso Delors ha recentemente voluto ricordare che le attuali difficoltà dell'euro dipendono da un "vizio di costruzione del sistema", del quale indicò, fin dal 1997, al momento di lasciare la presidenza della Commissione, il rimedio nella creazione di un "patto di coordinamento delle politiche economiche". Se l'equilibrio tra polo monetario e polo economico si fosse realizzato, conclude Delors, «ci si sarebbe potuti interrogare in tempo utile sulla situazione ... e sarebbe stato possibile reagire». Occorreva, dunque, provvedere. Ci si chiede perché ciò non sia avvenuto; ci si chiede, oggi soprattutto, perché questa "accidia".

Giovane amico, per te che hai non molti anni più della moneta unica, non è possibile cogliere tutta la portata di questa realizzazione: vero e proprio spartiacque nella storia plurisecolare del Vecchio Continente; traguardo e insieme passaggio verso quell'unità dell'Europa che ha alimentato gli ideali di tanti uomini. Un ideale, quello europeo, che ritrovava la sua forza soprattutto all'indomani di esperienze belliche catastrofiche. Fu così negli anni Venti del secolo scorso; è stato così negli anni Quaranta, quando al vincolo monetario si guardò come al più solido pegno di pace; antidoto ai nazionalismi.

Gli uomini politici che hanno portato alla creazione della moneta unica e coloro che le hanno preparato la strada, avevano tutti fatto esperienza diretta dei guasti delle politiche ispirate al protezionismo economico e al nazionalismo; avevano vissuto la tragedia della guerra; avevano convissuto con una "cortina di ferro" che per quasi mezzo secolo ha diviso Stati e popoli radicati nel comune terreno della civiltà europea.

Come ha voluto ricordare di recente l'ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt: «Il grande nemico sovietico non c'è più, è scomparsa una delle ragioni decisive dietro la creazione delle istituzioni europee ... La globalizzazione dell'economia e le crisi finanziarie mondiali che ne sono conseguite hanno posto sfide che le istituzioni europee si sono dimostrate insufficienti ad affrontare».

Gli uomini che tracciarono le linee dell'unificazione monetaria europea avvertirono l'urgenza di creare in Europa un'area di stabilità politica, di gestione in comune delle politiche economiche in modo da competere con successo con le altre economie del mondo, industrializzato e di recente industrializzazione. Le modalità con cui si dette vita all'euro furono frutto di scelte di natura tecnica. Creare una moneta unica per l'Europa fu una decisione politica. Quella decisione segna un punto di non ritorno nell'itinerario europeo; non saranno le pur gravi difficoltà attuali a insidiare la sopravvivenza dell'euro e di tutto ciò che esso significa.

Questo testo è uno stralcio tratto dal capitolo «Europa, più coraggio!» del volume «A un giovane italiano» di Carlo Azeglio Ciampi

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