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Cosa sanno i social di noi? Ecco come scoprirlo

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Cosa sanno i social di noi? Ecco come scoprirlo

Su quanto i social network siano pervasivi si potrebbe discutere a lungo. Troppo poco, invece, si parla di “reputation” e di conseguenze. E in questo caso proprio il ruolo dei social è importantissimo. Non è un mistero, per esempio, che prima (o magari subito dopo) di un colloquio, il datore di lavoro vada a sbirciare su Facebook, Twitter e Google tutto ciò che c'è di te – e su di te - in Rete. Non è un mistero ma pochi si ravvedono. E delle conseguenze di un post su Facebook? Parliamone. Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che «Anche se la parte offesa ha impostato i meccanismi di difesa della privacy, rendendo visibile la bacheca Facebook solo agli “amici”, la condotta di chi posta un contenuto offensivo sulla bacheca altrui integra comunque il reato di diffamazione aggravata di competenza del tribunale monocratico». Se non è un allarme, poco ci manca, non fosse altro per la leggerezza con cui vengono utilizzati questi strumenti.

Reputazione e conseguenze, comunque, sono argomenti attualissimi. E tutto ciò sta spingendo con forza la nascita di nuovi software (o più precisamente tool) in grado di valutare il comportamento digitale degli utenti e stabilire quali informazioni personali possiedono i social nertwork. Uno degli ultimi esempi è “Apply Magic Sauce”, software realizzato dai ricercatori del centro di psicometria dell'Università di Cambridge, che con un semplice click è in grado di dirti tutto quello che Facebook conosce di te. I dati su cui fa leva sono innanzitutto i “like”, autentici alfieri della profilazione. Con questi, e con l'ausilio di un algoritmo complesso, “Apply Magic Sauce” ti fornisce il tuo profilo secondo il social di Mark Zuckerberg. O almeno qualcosa che gli assomigli. Basta un click e il software ti dice qual è la tua religione, la tua fede politica, il tuo orientamento sessuale, quanto sei soddisfatto della tua vita, ma anche se hai un comportamento da single o da sposato. Roba che a prendersi troppo sul serio si rischia uno sdoppiamento della personalità senza via d'uscita, o una lite furibonda col partner.

Per fortuna, però, il grado di precisione di software come “Apply Magic Sauce” è parziale, semplicemente perché basato su dati non sempre reali. I “like” che gli utenti lasciano su Facebook spesso sono casuali, a volte involontari. In sostanza, dunque, poco attendibili. Esempio: puoi seguire la pagina Renzi perché appassionato di politica, ma allo stesso tempo puoi non condividere per niente le sue idee. È qui che un software basato sui “like” va in difficoltà. La psicometria applicata ai dati, insomma, deve ancora crescere.

E in questo contesto si inserisce bene la notizia dell'arrivo di un tasto di “dislike” su Facebook. Zuckerberg ha detto che servirà ad aumentare l'empatia degli utenti. Più probabile che sia stato pensato per aumentare la già altissima proliferazione degli utenti.

Un altro software molto simile è Digital Shadow, prodotto da Ubisoft. Anche in questo caso c'è un algoritmo che va a scandagliare fra le tue attività su Facebook e crea il tuo profilo dicendoti quale parola usi più spesso, a quale orario posti di più, la tua età, il tuo lavoro, dove abiti e tutto il resto. Ma non è finita qui. Esistono tool, come Iconic History (una applicazione del browser Chrome) che tiene traccia di tutti i siti che visiti, e se vuoi ti fornisce un resoconto. Oppure “Mit's Immersion project”, che crea una mappa delle e-mail che mandi.

E poi c'è tutta la galassia Google. Perché se pensi che ti basti stare lontano dai social per non essere profilato, sei in errore. In Rete ogni click diventa storia, e quello dei social è solo un pezzo di questo mondo. Quando usi Google Maps per i tuoi spostamenti, Google li registra e crea una cronologia delle tue posizioni. Quando fai una ricerca sul motore, Google la registra e la utilizza per capire cosa ti piace e fornirti annunci pertinenti. Tutte azioni delle quali Big G non fa mistero, tanto che nei mesi scorsi ha anticipato eventuali software di terzi lanciando il tool “Account personale”, grazie al quale è possibile capire cosa sa di te il colosso di Mountain View. Ma anche in questo caso: c'è da fidarsi? Qui entra in gioco il complottismo ad ogni costo. Un male estremo. Le soluzioni per lenirlo (almeno in parte) sono due: stare alla larga dai social network e impostare il browser sulla “navigazione in incognito”. Anche in questo caso non si è del tutto al riparo, ma è già qualcosa.

Articolo pubblicato su Nova24 del 20 settembre

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