Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2012 alle ore 08:34.
L'ultima modifica è del 30 giugno 2012 alle ore 10:53.

My24

Da un lato il pacchetto per la crescita, con il suo volume di fuoco di 120 miliardi. Dall'altro i meccanismi di stabilizzazione per far fronte alla crisi dei debiti sovrani, che ha ottenuto il via libera politico dai capi di Stato e di governo saranno definiti nel dettaglio dall'Eurogruppo/Ecofin del 9 e 10 luglio. Se si guarda alle premesse, il risultato del "cruciale" summit chiusosi ieri con l'inevitabile suspense e accordo raggiunto alle prime luci dell'alba precedente è tutt'altro che disprezzabile.
La premessa, fortemente sostenuta dal team Mario Monti, Enzo Moavero Milanesi, Vittorio Grilli è stata sostanzialmente questa: la penalizzazione che il nostro Paese ha subìto nelle ultime settimane, per effetto di un livello di spread non in linea con «i fondamentali reali» della finanza pubblica, richiedeva l'attivazione di quello che i nostri tre negoziatori hanno definito «un meccanismo di trasparenza». Senza per questo sottovalutare o perfino negare i problemi strutturali di fondo, a partire dal nostro elevatissimo debito pubblico, si è cercato di orientare la trattativa sulle «riforme e le misure già messe in campo», da ultimo la riforma del mercato del lavoro appena licenziata dal Parlamento, e più in generale sulla «sostenibilità reale» dei nostri conti pubblici. Da questo punto di vista, è indubbiamente di un certo interesse la previsione, inserita nel pacchetto sulla crescita, che la Commissione europea attivi una valutazione sulla «qualità della spesa». Non è la golden rule nella sua versione più completa, ma comunque un inizio (con risvolti tecnico-procedurali tutti da verificare) e soprattutto un segnale ai mercati. La spesa pubblica non è un unicum. Poter contare su alcune categorie di investimenti produttivi in grado di attivare crescita e occupazione potrebbe costituire un asset in più. Da qui la richiesta perché vengano «valutate diversamente» ai fini del computo del deficit.

Quanto al meccanismo di stabilizzazione antispread, la soluzione tecnica ora affidata agli sherpa e ai ministri finanziari ruota essenzialmente su tre punti: l'Esm perde il suo status di «creditore privilegiato», potrà ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari sulla base di una «appropriata condizionalità, ivi compresa l'osservanza delle regole sugli aiuti di Stato». È la ciambella di salvataggio per le banche spagnole. Infine quello che Mario Monti definisce l'utilizzo «flessibile ed efficace» a breve termine del meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria. La novità più rilevante dell'intesa raggiunta dai capi di Stato e di Governo è che l'ambito dei possibili beneficiari si indirizzi unicamente ai paesi "adempienti" (compliants), a quanti cioè rispettino le raccomandazioni della Commissione, i calendari sulle riforme strutturali e i piani di rientro dal deficit fissati dal semestre europeo, dal Patto di stabilità e dalle procedure per gli squilibri eccessivi. Condizioni che dovranno essere inserite nel «memorandum d'intesa». Il ruolo della Bce sarà quello di "agente" per conto dell'Efsf/Esm «nel condurre operazioni di mercato effettivo ed efficace».

Se questa è l'ossatura, e una volta escluso (lo hanno esplicitato sia Monti che Angela Merkel) che per accedere ai fondi antispread sia necessario attivare la tagliola dell'intervento della trojka (Fmi, Bce e Commissione europea) come avvenuto per Grecia, Irlanda e Portogallo, il che equivale a un commissariamento di fatto del paese in questione con conseguente, inevitabile perdita di sovranità, ora si tratta di verificare i dettagli tecnici. E non sarà una passeggiata. Non si tratta di meccanismi automatici o semiautomatici – spiega Monti – e comunque l'Italia per ora non conta di avvalersene. Il fatto stesso che vi si possa accedere può essere il segnale per tranquillizzare i mercati. Basterà? Lo vedremo a partire da domani.
Sul fronte dei conti pubblici, si registra la nuova rassicurazione di Monti: non vi saranno nuove manovre correttive. Quest'anno il deficit salirà fino al 2%, contro l'1,5% previsto, ma nel 2013 il governo è al momento in grado di garantire che, pur in presenza di uno sforamento del target in termini nominali, sarà possibile conseguire un deficit pari allo 0,5% del Pil in termini strutturali, depurato dunque dagli effetti del ciclo economico.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi