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PwC: Un'azienda italiana su cinque vittima di crimini informatici. Ma la prevenzione latita

Un'azienda italiana su cinque (il 21%) ha subito frodi economico finanziarie negli ultimi due anni. Lo sostiene il rapporto PwC Global Crime Survey'16, diramato poco fa. Un rapporto globale che conferma l'altissima incidenza dei crimini ai danni delle aziende. A livello mondiale la percentuale è ancora più alta (il 36%), con l'Africa che risulta il paese con il più alto tasso di criminalità economica nel mondo, pari al 57% nel 2016 (il 50% del 2014). Quella di PwC è ritenuta la più ampia indagine condotta sul fenomeno delle frodi economico-finanziarie. Frodi che vanno dalla corruzione al cybercrime, fenomeno esploso soprattutto negli ultimi anni. I risultati sono stati raccolti attraverso oltre 6300 interviste in 115 paesi, coinvolgendo 142 aziende italiane.

Secondo il rapporto, in Italia, la categoria di frode più diffusa resta l'appropriazione indebita, che rappresenta il 70% circa delle frodi dichiarate (con un incremento del 5% nel 2015 rispetto all'anno precedente), seguita dalla corruzione al 23% (13% nel 2014). Al terzo posto si conferma il cybercrime, riportato nel 20% dei casi (22% nel 2014).
In totale, comunque, i crimini economici sono scesi marginalmente dal 2014 al 2015 (passando da 23% al 21%). Un calo marginale che non ha abbattuto, però, il costo finanziario di ciascuna frode. Anzi, lo ha innalzato. Il 14% degli intervistati, infatti, ha subito perdite per oltre 1 milione di dollari negli ultimi due anni. Dato che risulta particolarmente elevato in Italia, dove il 27% delle aziende dichiara danni superiori al milione di euro.

I settori industriali
L'impatto dei crimini sui settori industriali italiani, secondo PwC, è così composto: energia, utilities ed industria mineraria (50%), servizi finanziari (35%), manifatturiero (17%), servizi professionali (11%). A livello mondiale, invece, si registrano maggiori crimini nei servizi finanziari (48%), aziende statali (44%) e vendita al dettaglio (42%). Il settore che ha registrato un aumento maggiore è quello aerospaziale e della difesa, con il 9%, seguito da trasporto e logistica (+8%), energia e utilities ed estrazione mineraria (+6%).

Cybercrime
Secondo PwC un'azienda su cinque è stata vittima del cybercrime in Italia, ma solo il 53% ha attivato un piano di prevenzione, seppur al di sopra della media globale del 37%. Tale fenomeno è in espansione, considerando che il 30% delle aziende intervistate (34% a livello mondiale) considera il rischio di cybercrime un grave pericolo anche per il futuro. Solo quattro aziende su dieci dispongono di personale di primo intervento pienamente addestrato contro reati informatici relativi alla sicurezza, mentre il 20% ha esternalizzato la funzione IT Security. In Italia c'è una maggior fiducia nelle forze dell'ordine, impegnate nella lotta contro il cybercrime, rispetto a quanto emerso sul piano globale. Nel mondo, il livello maggiore di crimini informatici è stato registrato nel settore dei servizi finanziari (52%, ovvero il 7% in più rispetto al 2014). I settori maggiormente colpiti sono stati: comunicazioni (44%, il 14% in più rispetto al 2014), chimico (34%, il 12% in più rispetto al 2014), farmaceutico (31%, il 21% in più rispetto al 2014), assicurativo (29%, il 13% in più rispetto al 2014) e gli organismi statali (29%, il 17% in più rispetto al 2014).

Il profilo del truffatore
Circa la metà dei reati più gravi è stata commessa da dipendenti dell'azienda coinvolta, sia in Italia (43%) che a livello mondiale (46%). I truffatori interni sono in genere uomini laureati, con tre-cinque anni di servizio, un'età compresa tra i 31 e 40 anni e ricoprono una posizione dirigenziale di middle management.

Alberto Beretta, Partner Forensic Services di PwC ha detto che «In generale, dall'indagine emerge che i piani aziendali di rilevamento e risposta non sono al passo con il livello e la varietà di minacce cui devono far fronte oggigiorno le aziende, con una potenziale tendenza a lasciare troppo al caso quando si tratta di rilevare le frodi. L'indagine avverte che un approccio passivo rispetto al rilevamento e alla prevenzione dei crimini economici è la ricetta perfetta per il disastro».

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