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Così cambierà la «gas-politik»

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MEDITERRANEO

Così cambierà la «gas-politik»

Il vecchio Ariel Sharon, che di guerre aveva una certa esperienza, sosteneva che i conflitti del Medio Oriente sono più causati dalla scarsità d'acqua che dall'abbondanza del petrolio.
In ogni caso anche gli idrocarburi e la cupidigia che scatenano, hanno il loro peso nell'instabilità della regione. Lo Zohr field debordante di gas, scoperto dall'Eni al largo di Porto Said, saprà dare all'Egitto la stabilità che cerca e al Levante qualche sollievo?

Le ricchezze energetiche, come tutte le altre, non si spartiscono con magnanimità politica. La scoperta nel Mediterraneo orientale di un nuovo giacimento con un potenziale futuro da 850 miliardi di metri cubi di gas è un grande colpo per l'Eni e per l'Egitto. Per il primo è un affare assoluto, un premio a 61 anni di costanza in quel paese, un grande business che farà bene all'economia italiana. Evidentemente farà ancora più bene a quella egiziana, da qualche tempo importatrice di energia: per il presidente al-Sisi è una manna. Prima l'allargamento del canale di Suez. Ora, in un agosto felice, la scoperta di avere presto quasi mezzo secolo di autosufficienza.

L'Egitto era pronto a impegnarsi con un contratto da 15 miliardi di dollari per una fornitura quindicennale di gas israeliano. Incerti se metterlo sul mercato o conservare per il proprio futuro industriale Leviathan, il giacimento scoperto da qualche anno, gli israeliani hanno perso un'opportunità. Leviathan ha riserve per 680 miliardi di metri cubi, il 40% meno di Zohr. L'Egitto non ha più bisogno del gas israeliano. I due paesi hanno interessi geopolitici quasi convergenti ma poche opinioni pubbliche arabe detestano Israele quanto l'egiziana: non dover rispettare un accordo economico col «nemico sionista» aumenterà il consenso interno per l'ex generale al-Sisi. Per solidarietà araba, anche la Giordania si potrà rivolgere all'Egitto, dimenticando le frizioni politiche.

Ma se per l'Eni e l'Italia Zohr è un affare assoluto, per l'Egitto l'improvvisa ricchezza (la gran parte del gas servirà un mercato interno d quasi 100 milioni di consumatori) è a doppio taglio. Il paese è impegnato in una serie di riforme socialmente difficili che dovrebbero modernizzarne l'economia. Cambiamenti sui quali preme il Fondo monetario internazionale per rilasciare all'Egitto un credito da cinque miliardi di dollari (ora meno decisivi) e un attestato di economia affidabile. La nuova fortuna energetica potrebbe spingere il governo a imitare sauditi ed emiri del Golfo che per guadagnare stabilità interna e consenso, alle riforme tendono a preferire le sovvenzioni, a distribuire ricchezza come benevolenza del governante. L'Arabia Saudita, il Qatar, il Kuwait, l'Algeria non sono economie moderne. Quello della Libia di Gheddafi a fatica si poteva chiamare sistema economico.

Ci sarà dunque una nuova ricchezza nel Mediterraneo meridionale, ma non più stabilità. Il governo egiziano avrà più consenso ma al terrorismo islamico che lo insidia non serve consenso per colpire. Un ventennio fa, con il processo di Oslo, iniziò il progetto di un “Gasdotto della pace” che dall'Egitto avrebbe portato energia a Israele, Gaza, Cisgiordania e Giordania. La pace fra israeliani e palestinesi non ci fu e il piano fallì, nonostante l'Egitto allora avesse ancora gas.

Zohr non soddisferà nemmeno le preoccupazioni italiane riguardo al vuoto delle forniture russe. Intanto perché tutti si augurano che quando il gas egiziano arriverà sul mercato, Putin e l'Occidente abbiano risolto il contenzioso ucraino. E infine per le sue dimensioni. Zohr è il giacimento più grande del Mediterraneo. Ma il North field del Qatar, per esempio, ha riserve per 51mila miliardi di metri cubici, 138 anni di energia garantita. E con la fine delle sanzioni, presto tornerà sul mercato il gas iraniano.

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