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La sicurezza del cloud? Deve partire dai microchip

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Oracle

La sicurezza del cloud? Deve partire dai microchip

Trasformazione digitale, ecosistemi interconnessi: le imprese sono chiamate a un nuovo passo in avanti, che per qualcuno ha i canoni di una rivoluzione “disruptive”. Il computing nella nuvola, in questa partita, gioca un ruolo fondamentale. Un colosso dell'informatica di classe enterprise qual è Oracle ne è così convinta che l'80% della sua offerta di soluzioni, sia a livello applicativo sia in termini di piattaforma e di infrastruttura, è proposta anche in versione cloud.

L'azienda californiana ha presentato anche in Italia (al Cloud Day di ieri a Milano) le novità che hanno animato l'ultima edizione dell'Open World di San Francisco, tenutosi a fine ottobre. I vari annunci, a cominciare dalle migliorie introdotte per la Platform for Integration, vanno letti rispetto a una vision che vede la migrazione nella nuvola non immediata – secondo Oracle richiederà almeno un decennio – e che impone quindi alle aziende una grande attenzione alla coesistenza fra le applicazioni e le infrastrutture in cloud e quelle on premise, residenti cioè sui sistemi presenti in azienda. La strada maestra, e gli analisti lo ribadiscono da tempo, è insomma quella ibrida, dove i due mondi di cui sopra diventano complementari, garantendo alle aziende la massima flessibilità nel passare da uno all'altro e viceversa, in funzione del modello più conveniente o più adatto alle specifiche esigenze di ogni singola realtà.

La protezione dalle intrusioni parte dal silicio
Una delle sfide cui sono chiamati i vendor, sfida che ricade direttamente sui Chief information office e i responsabili It, è quella di poter gestire questa fase di passaggio (al cloud ibrido) in totale sicurezza. Ed è su questo piano che Oracle è convinta di aver in mano un jolly che altri non hanno. Quale? Quello di un nuovo microprocessore, lo Sparc M7, pensato e sviluppato con funzionalità di intrusion detection e di crittografia dei dati integrate nativamente nella componente in silicio. Potenziare la componente security a partire dall'hardware e non dal software, in modo da renderla pervasiva sui livelli superiori: questa l'essenza del principale nuovo annuncio autunnale della casa di Redwood Shores.
Il chip multi cervello a 32 core in questione nasce per equipaggiare la nuova famiglia di sistemi Sparc (il sistema ingegnerizzato SuperCluster M7 e i server T7 e M7), sistemi che oltre alle doti di protezione avanzata di cui sopra aggiungono anche strumenti (Sql in Silicon) per massimizzare l'efficienza di elaborazione a livello di database e prestazioni da record (così recita la nota diffusa dalla società) nella gestione di applicazioni cloud e Big Data preesistenti.
L'intento di Oracle, in sintesi, è quello di mettere a disposizione degli sviluppatori una piattaforma aperta utile a poter scrivere software per migliorare ulteriormente le prestazioni degli ambienti virtualizzati. Una delle peculiarità dei sistemi Sparc M7, non a caso, è una tecnologia (Silicon Secured Memory) che assicura il controllo in tempo reale sugli accessi ai dati in memoria, così da proteggere il sistema da intrusioni non autorizzate e dagli effetti di possibili errori contenuti a livello di database.

Il monito di Larry Ellison: “perdiamo troppe cyber battaglie”
I vertici di Oracle, nel battezzare i nuovi chip, hanno parlato di “tecnologia rivoluzionaria”, “del più significativo passo avanti mai compiuto nel design dei microprocessori Sparc nell'ultimo decennio” e di una “nuova era che coniuga la sicurezza con l'aumento dell'efficienza”. Affermazioni che la dicono lunga sulla portata dell'annuncio, almeno dal punto di vista della società californiana. Era stato del resto Larry Ellison, in occasione dell'evento di San Francisco, a spiegare come e perché la sicurezza dovrebbe essere incorporata direttamente nel cloud. Il capo carismatico di Oracle, nonché attuale presidente esecutivo e Cto della compagnia, ha enfatizzato fra gli altri un concetto, quello di portare la sicurezza al livello più basso delle architetture di computing, allo stack tecnologico di base, e quindi quello del microprocessore. Elevare la componente security a vessillo del cloud, partendo dall'hardware, è anche una precisa risposta al fatto che, parole di Ellison, “stiamo perdendo molte cyber battaglie”. Vedi i 20 milioni di record contenenti informazioni e dati delle impronte digitali del personale delle ambasciate americane smarriti dal governo Usa.

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