Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2014 alle ore 06:43.

My24


Il provvedimento sulla collaborazione volontaria per il rientro dei capitali (Dl 4/14) va verso il suo iter parlamentare, nel corso del quale potrebbe essere confermato integralmente oppure ricevere qualche modifica. Questa seconda possibilità sarebbe estremamente opportuna, in quanto il testo licenziato dal governo contiene al suo interno diversi fattori che rischiano di minarne gli esiti in termini di successo e di conseguente gettito. Il meccanismo che è stato individuo per favorire il rientro dei capitali presenta tre gravi problemi: è troppo oneroso, è molto complesso, comporta responsabilità troppo grandi. Il vantaggio che la norma offre in termini di non perseguibilità del reato di infedele dichiarazione, unito allo spauracchio dell'incremento dei paesi esteri collaborativi, potrebbe non bastare per compensare questi limiti. Vediamo di chiarire questi aspetti.
Il costo elevato
Si è più volte osservato sulle pagine del Sole 24 Ore che in tutti i casi in cui la detenzione delle ricchezze estere deriva da una evasione ancora accertabile il costo della sanatoria arriva a livelli improponibili, talvolta persino superiori al 100% dell'importo iniziale. Non c'è contribuente che, in questa situazione, sceglierà di evitare il rischio di accertamenti futuri (e comunque sempre ipotetici) se il prezzo da pagare è la consegna delle totalità delle somme detenute all'estero.
Le complicazioni
La dichiarazione di emersione prevede non solo di indicare i redditi iniziali e le somme oggi rimpatriate, ma anche di ricostruire tutti i redditi (in genere di tipo finanziario) che le somme estere hanno prodotto negli anni intermedi. In più, questo calcolo dovrà essere fatto anno per anno: trattandosi di contribuenti soggetti all'Irpef, l'imputazione esatta è indispensabile per applicare correttamente le aliquote. Solo questa ricostruzione dettagliata permette di determinare i redditi non dichiarati come richiede la norma. Questo obbligo si scontra con notevoli difficoltà, che riguardano innanzitutto i documenti da recuperare quando i redditi sono riferiti ad anni lontani nel tempo.
Le responsabilità
La formulazione della nuova norma (articolo 5 septies introdotto nel Dl 167/90) prevede che «chiunque» nell'ambito della collaborazione volontaria «esibisce o trasmette» atti o documenti falsi ovvero «fornisce dati e notizie non rispondenti al vero» è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Un testo di legge così generale porta a conclusioni allarmanti: le responsabilità non riguardano solo i contribuenti che si avvalgono della procedura, ma possono facilmente essere estese ai professionisti che li assistono (e che magari trasmettono le dichiarazioni). Ma si potrebbe anche pensare ad un rischio di coinvolgimento degli stessi intermediari finanziari, nel caso in cui «fornissero notizie» non rispondenti al vero: non pensiamo al caso di dolo, ma alla banale ipotesi delle informazioni relative al tipo di investimenti, magari relativi ad epoche lontane.

Commenta la notizia

TAG: Reati

Shopping24

Dai nostri archivi