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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2014 alle ore 11:40.

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Un'autentica beffa. Per un Paese che vuole rimettere in moto innovazione e attrarre "cervelli" la vicenda del bonus ricercatori, varato dal governo Monti nel giugno 2012 (ormai preistoria) e ancora impantanato nelle stanze del ministero dello Sviluppo economico, non potrebbe definirsi in altro modo. Manca poco per arrivare a due anni tondi tondi e il credito d'imposta per l'assunzione di personale altamente qualificato non è ancora operativo: senza la piattaforma informatica per l'invio delle domande di accesso all'agevolazione non si parte.

Un'odissea burocratica
All'innovazione, che richiede il massimo della rapidità di esecuzione, la burocrazia ministeriale risponde con un ritardo che probabilmente ha dimensioni da primato, almeno nella storia recente dei provvedimenti governativi. Il primo decreto crescita di Monti, 83/2012, entrato in vigore il 26 giugno 2012, ha istituito un credito d'imposta pari al 35% dei costi aziendali sostenuti per le assunzioni o trasformazioni di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato di personale altamente qualificato, con un limite massimo di 20mila euro all'anno per impresa. Un bonus rivolto all'assunzione di due categorie di lavoratori: persone in possesso di un dottorato di ricerca universitario conseguito in una università italiana o estera (se riconosciuto equipollente); persone in possesso di laurea magistrale nelle discipline in ambito tecnico o scientifico (43 in tutto, dall'ingegneria al design). Sul piatto il decreto metteva 25 milioni di euro per il 2012 e 50 milioni a partire dal 2013.

Dopo la bellezza di 16 mesi (14 di ritardo rispetto al termine indicato dal Dl 83/2012) il ministero dello Sviluppo emana il decreto attuativo, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 21 gennaio 2014. Calvario concluso? Nient'affatto. Per le imprese che hanno pianificato incrementi di personale, e quindi investimenti, sperando di beneficiare di un'agevolazione spettante per assunzioni fatte a partire dal 26 giugno 2012, l'attesa non è mai finita.
Lo stesso decreto attuativo, infatti, dispone che per la gestione delle agevolazioni il ministero dello Sviluppo debba avvalersi di una piattaforma informatica «per la cui definizione assegnerà l'appalto sulla base di un'apposita gara». Pare che qualcosa, probabilmente relativamente all'appalto, non abbia funzionato al meglio e a tutt'oggi la piattaforma non c'è. Paradossale, visto anche il costo, tutt'altro che contenuto, appostato per renderla operativa. Il decreto attuativo mette sul piatto addirittura 500mila euro per il 2013 e 100mila euro a decorrere dal 2014 (fondi che, a dire il vero, in questi due anni avrebbero fatto comodo per chissà quante misure da varare per le imprese).

Le promesse non mantenute
Fatto sta che, nonostante le rassicurazioni ministeriali su uno sblocco a settimane o addirittura giorni, siamo fermi alla casella di partenza. In assenza della piattaforma, ovviamente, anche il decreto direttoriale del ministero, che dovrebbe definire i contenuti della domanda di accesso all'agevolazione e le relative procedure di presentazione, non ha mai visto la luce. E tutto, così, resta solo virtuale. Va infatti sottolineato che, per accedere al bonus, non basta il rispetto dei requisiti previsti: parliamo infatti di un'agevolazione con sistema a «domanda». In altre parole, senza le regole per presentare le richieste il bonus non potrà mai diventare operativo.

Lo scorso 27 marzo, presentando il suo programma in audizione congiunta alle commissioni di Camera e Senato, il ministro dello Sviluppo Federica Guidi stimava in 38 milioni annui le risorse realmente disponibili, «in grado di attivare almeno 3mila assunzioni annue», ed eventualmente incrementabili in una fase successivi. Guidi preannunciava che la piattaforma per la raccolta delle domande sarebbe diventata disponibile ad aprile. Poi, la scadenza è stata ufficiosamente spostata a maggio.
Ancora tre giorni per sapere se questa lunga vicenda, metafora assoluta dell'inerzia burocratica della Pa, si chiuderà o si prolungherà con l'ennesimo rinvio.

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