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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2012 alle ore 06:37.

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«Non è possibile vivere a lungo in queste condizioni, la Spagna non può sostenere per molto tempo questi rendimenti sul debito. L'Europa deve fare qualcosa, dare una risposta al più presto». Il premier spagnolo Mariano Rajoy si rivolge ai partner continentali perché dall'Unione arrivi una svolta. Teme la Germania e la rigidità del cancelliere Angela Merkel - fino a pochi mesi fa un'alleata della stessa area conservatrice - e trova il sostegno del presidente francese François Hollande: sulla crescita, sulle banche, sul ruolo della Bce. Rajoy vuole dall'Europa «un messaggio chiaro per rassicurare i mercati sulla sostenibilità del sistema finanziario e sulla tenuta della moneta unica. Dobbiamo far capire a tutti - aggiunge - che l'euro sarà sempre con noi e che noi rispetteremo impegni e scadenze. È ora di finirla con le voci e le speculazioni».
Da Parigi, subito dopo aver pranzato con Hollande all'Eliseo e prima di spostarsi a Bruxelles, il premier popolare cerca di smuovere la vigilia del vertice informale, chiama in causa la Bce perché con «misure rapide assicuri la capacità di finanziamento, la liquidità e la sostenibilità del debito di Madrid». Anche in questo caso mandando evidenti segnali a Berlino.
Nonostante la nuova recessione, la disoccupazione al 24%, con le banche sempre più in difficoltà per l'esposizione sull'immobiliare, e gli obiettivi di deficit sempre più lontani, nonostante i rendimenti sui titoli decennali sopra il 6%, Rajoy rifiuta ogni ipotesi di salvataggio internazionale: «Per uscire dalla crisi servono punti fermi, certezze. La Spagna non ha bisogno di piani di aiuto. E anche per sostenere le nostre banche non intendiamo chiedere soldi all'Europa, gli strumenti ci sono già, basta utilizzarli, e fare presto».
Le banche sono il problema più urgente per la Spagna, la credibilità del Paese è messa a rischio dalla fragilità del sistema finanziario con conseguenze pesanti sui tassi di interesse che Madrid deve pagare per rifinanziare il debito sovrano: negli istituti di credito permane un'esposizione di oltre 320 miliardi di euro sull'immobiliare, una cifra che vale un terzo del Pil nazionale. Per l'Institute of International Finance, gli attivi problematici delle banche spagnole si collocano tra i 218 e i 260 miliardi di euro: contro i quali risultano insufficienti le riserve per 190 miliardi che gli istituti di credito dovrebbero aver messo da parte. E Per Goldman Sachs la situazione è anche più grave: sarebbero infatti necessari accantonamenti per altri 84 miliardi di euro.
Il Governo spagnolo ha annunciato una riforma del sistema finanziario - la terza in due anni - per valutare in modo trasparente tutti gli attivi, chiedere ulteriori riserve alle banche e se necessario creare una bad bank per isolare gli asset tossici dell'immobiliare. Intanto però Rajoy deve uscire indenne dalla vicenda Bankia: la quarta banca del Paese - nata nel 2010 dalla fusione di sette casse di risparmio e ora nazionalizzata - non è in grado di procedere da sola nel risanamento e avrà bisogno di risorse pubbliche per 9 miliardi di euro che si andranno a sommare ai 4,5 miliardi con i quali Madrid è già intervenuta nel capitale. «Il Governo garantirà tutte le risorse di capitale che saranno necessarie al risanamento», spiega il ministro dell'Economia, Luis de Guindos, aggiungendo che «comunque Bankia è un caso a sé, specifico e non paragonabile ad altri». Ma la Spagna da sola potrebbe non farcela per questo Rajoy chiede all'Europa «uno sforzo comune».luca.veronese@ilsole24ore.com
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