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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2014 alle ore 10:52.
L'ultima modifica è del 11 settembre 2014 alle ore 14:10.

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È il Piemonte, in particolare grazie allo sprint delle vendite di auto, il traino principale dell'export italiano nel primo semestre del 2014. Performance in generale non brillante quella nazionale, con un aumento limitato all'1,3% tra gennaio e giugno che tuttavia si scompone in risultati settoriali e geografici molto diversi.

Il freno principale è rappresentato dal calo dei listini di oro e petrolio e infatti le regioni più penalizzate sono proprio le aree del Sud in cui l'export di prodotti energetici raffinati è più rilevante. Male dunque Sicilia e Sardegna, per il calo dei valori esportati nell'energia, al palo la Toscana, appesantita dal tracollo di quasi 30 punti per il comparto "metalli di base", l'oro appunto.

Decisamente più toniche le performance della altre aree della manifattura, con le crescite di macchinari, tessile-abbigliamento, gomma-plastica. Migliore regione in assoluto è l'Emilia-Romagna, in crescita del 4,5% grazie al traino dei macchinari, packaging in primis. Subito dietro il Piemonte, trainato dalla corsa a doppia cifra degli autoveicoli. Le vendite "piemontesi" di auto verso gli Stati Uniti spiegano da sole due decimi di punto di crescita dell'export nazionale, l'intero comparto delle quattroruote in uscita da Torino circa un terzo dell'aumento globale stimato dall'Istat, come detto, nell'1,3%.

Bene, a livello regionale, anche Veneto, Marche e Puglia mentre la Lombardia, di gran lunga prima regione esportatrice, resta al palo con una variazione nulla. A frenarla il rallentamento deciso verso la Svizzera, mentre in termini settoriali pesano le performance negative di computer e autoveicoli.

Scorrendo i dati spicca ancora una volta la fortissima distanza che separa il Nord dal Sud non tanto nelle performance quanto nei valori assoluti: il Mezzogiorno vale appena il 10,3% dell'export italiano, la Calabria, ultima in classifica solo lo 0,1%.

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