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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2012 alle ore 06:36.

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«Non abbiamo un soldo in cassa per pagare i servizi pubblici e se la Banca centrale europea non avesse comprato i nostri titoli di Stato, il Paese sarebbe già andato in default». Per il ministro del Bilancio spagnolo, Cristobal Montoro, «è meglio dire le cose come stanno, sensatamente e tranquillamente».

Anche se i mercati dimostrano ogni giorno di più di non fidarsi del Governo iberico, aumentano i timori per la Spagna, per un salvataggio sovrano che fino a pochi mesi fa sembrava un'ipotesi fantasiosa ed è invece entrato nel dibattito parlamentare di Madrid come un'ipotesi possibile: ««Il nostro Esecutivo sta facendo tutto quello che si può fare per evitare che la Spagna sia costretta a chiedere di essere salvata all'Europa», ha detto lunedì il numero due del Partito popolare, Dolores de Cospedal, dando voce in modo improvvido alle paure della Moncloa.

L'economia iberica, che si pensava fosse troppo grande per fallire, si scopre fragile e impotente di fronte alla crisi. Schiacciata dal crack del sistema finanziario, entrata in una recessione che la accompagnerà almeno fino alla fine del 2013, incapace di rispettare gli obiettivi di bilancio concordati nella Ue, rassegnata di fronte a un tasso di disoccupazione salito sopra il 25 per cento. Ha bisogno del sostegno dell'Europa, e forse non solo per le banche, come dimostrano i rendimenti dei titoli del debito che ieri hanno superato la soglia critica del 7%, quella che ha costretto Grecia, Irlanda e Portogallo (ma non l'Italia) alla resa. E come lasciano intendere anche alcuni passaggi del memorandum di intesa sul piano di aiuti da 100 miliardi alle banche che verrà firmato oggi all'Eurogruppo: un documento nel quale per la prima volta si fa riferimento a un sostegno del fondo salva-Stati europeo alla Spagna per tenere più bassi i tassi di interesse sul debito.

«Onorevoli colleghi, non ci sono soldi. I dipendenti delle amministrazioni ai quali chiediamo ulteriori sacrifici sanno meglio di chiunque altro che non ci sono soldi nelle casse pubbliche», ha detto Montoro spiegando in Parlamento le misure straordinarie appena introdotte dal Governo con una manovra da 65 miliardi in due anni che comprende anche l'aumento dell'Iva, la riduzione dei sussidi di disoccupazione e il taglio della tredicesima per i dipendenti di Stato, Regioni e Comuni.

Economista da anni organico al Partito popolare, fedelissimo del premier Mariano Rajoy, legato a doppio filo a Rodrigo Rato, l'ex direttore generale del Fondo monetario internazionale caduto in disgrazia dopo aver guidato Bankia verso il fallimento, Montoro deve accettare nel Governo di stare all'ombra di Luis de Guindos, il ministro dell'Economia chiamato dai conservatori per trovare l'uscita dalla crisi. Forse anche per questo, quando può si prende la scena e già all'inizio di giugno aveva annunciato l'imminente richiesta di aiuti internazionali da parte della Spagna. «Tutti sanno - ha aggiunto ieri - che la nostra capacità di bilancio dipende dalle imposte e che se non aumentano le entrate dello Stato, signori e signore, c'è il forte rischio che non si riesca a far fronte ai pagamenti dei servizi. È quello che sta già accadendo alle autonomie regionali e alle altre amministrazioni locali. La Spagna nel 2011 ha avuto entrate dall'Iva inferiori al 6% del Pil, quando Grecia e Portogallo hanno superato il 7,5% e Cipro è arrivata addirittura al 9%, per questo abbiamo dovuto aumentare le aliquote».

Ma secondo molti osservatori le dichiarazioni di Montoro fanno anche parte di una precisa tattica per costringere le Regioni a tagliare e per forzare i partner europei a sostenere la Spagna. «Non possiamo avere quello che non possiamo permetterci», ha detto rivolgendosi ai leader delle autonomie che si oppongono al risanamento. «La Spagna sta vivendo una seconda recessione economica, un prolungamento di quella del 2009. Dobbiamo uscirne per come siamo, cioè Europa, e con l'euro. Se intendiamo essere Europa e costruire l'Europa dobbiamo accantonare parzialmente le nostre convinzioni», ha affermato il ministro del Bilancio per mettere pressione su Bruxelles e avanzando, alla vigilia dell'Eurogruppo, l'ennesima richiesta per un intervento anti-spread da parte dell'Efsf o della stessa Bce.

luca.veronese@ilsole24ore.com

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