Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2014 alle ore 10:18.

My24

New york Chi è William Onyeabor?
Quello che si sa è che l'azienda si chiamava Plastiche Ambrosio ubicata in Milano, via Varese 16. È quella via in centro, la conosco, ho abitato per anni da quelle parti ma la ditta non me la ricordo, probabile che non ci fosse già più quando sono arrivato io. Vendevano il vinile per stampare i dischi e William Onyeabor, genio dell'elettronica funk disco e afro-beat nigeriano, produttore e discografico di se stesso, racconta alle persone a lui vicine di averci comprato una fornitura nei primissimi anni Ottanta e di non averla pagata. In pratica ha tirato il pacco al titolare, succedeva anche all'epoca. Il mondo è andato avanti e le cose più o meno si dimenticano. William Onyeabor ha smesso di fare dischi poco dopo, ha chiuso con la musica. Fine. E c'entra via Varese.

La memoria di mister Onyeabor, il più sperimentale tra i grandi dell'afrobeat, è rimasta più o meno viva tra un piccolo club di ultrà globali della musica strana divenendo un culto segreto, finché quelli della Luaka Bop (di David Byrne) di passaggio in Nigeria si sono decisi a cercare i master dei suoi vinili per pubblicare un "best of". Li hanno trovati, ci hanno soffiato sopra per togliere la polvere e il disco ora esiste, in digitale.
Che c'entra via Varese? Aspetta un attimo. La compilation Who is William Onyeabor? si apre con Fantastic Man e uno dei pezzi più forti si chiama Atomic Bomb: lo è davvero, una bomba. I cercatori di riferimenti, quelli che risalgono i fiumi musicali in cerca di sorgenti nascoste, troveranno in questi pezzi il mondo che è venuto dopo, la dance elettronica, il New York sound alla Talking Heads, i Gorillaz, la house, i New Order, i Kraftwerk, tutta la DFA di New York, LCD Soundsystem, i Pet Shop Boys, i Devo, i Clash, la disco italiana, Tom Tom Club, David Guetta, Daft Punk, la club culture, Beck, l'invasione dei djs, Herbie Hancock elettrico, l'hip hop e altri torrenti più o meno identificati. Per me è il disco dell'anno.

Lui aveva fatto tutto prima di tutti, in Nigeria, tra i Settanta e i primissimi Ottanta, autoproducendosi, autostampandosi e autodistribuendosi i dischi. I suoi pezzi sono flussi di pura sperimentazione allegra e alienata, una cosa da astronauti nigeriani. Lui si presentava in pubblico vestito come un petroliere di Dallas che aveva scambiato uno dei suoi bagagli con Tony Manero, il look memorabile, occhiali neri solo di notte. Il suo sound è strepitoso, i suoi testi parlano di amori da pista da ballo, argomenti sessuali, tenerezza, questioni sociali, un po' di spiritualità e anche politica mondiale. Good Name dice che avere un buon nome è più dell'oro e dei diamanti. Una buona reputazione non si può comprare con i soldi. Un buon nome perché sia un buon nome lo deve essere per gli altri ma specialmente per se stessi, dice nella canzone. La coscienza pulita. Ne parla proprio nel pezzo.

Via Varese, Plastiche Ambrosio. William Onyeabor amava l'Italia perché da noi c'erano le marche migliori di tastiere e synth, la famosa eccellenza italiana in quegli anni aveva marchi come Elka, Solina, Davoli, Siel, Crumar, Gem, Eko, Jen, Farfisa, tutta roba italiana di prima qualità, prima di Yamaha, Roland e il resto dei colossi mondiali. Da noi trovava vestiti di ottimo taglio e ci veniva a ordinare il PVC per stampare i vinili a Lagos. Un mondo fantastico.
Non si conoscono le ragioni dello strappo, ma William Onyeabor non pagò fino in fondo l'ultima fornitura alle Plastiche Ambrosio. Non ci furono reclami. Non che si sappia. A metà degli anni Ottanta il grande musicista, una celebrità in Nigeria e stimatissimo negli studi di registrazione più all'avanguardia, divenne cristiano born again (una chiesa evangelica diffusa in tutto il mondo) abbracciando quella fede con tutto se stesso: e il senso di colpa per quel mancato pagamento non gli ha dato più pace. Si è messo alla ricerca dell'azienda di via Varese, ma non ha mai trovato nessuno a rispondere al telefono o alle lettere.

Non sapeva come saldare il debito. Pochi soldi, ma messi di traverso lì, al centro dello sterno, non gli davano pace ed è da quel periodo che non se la sente più di esibirsi in pubblico e di fare dischi. Basta, fine. Quelli della Luaka Bop ci hanno provato in tutti i modi a convincerlo, niente da fare. Stanno organizzano concerti pazzeschi nelle città chiave (New York, Londra, speriamo Roma) con una band incredibile di tutti appassionati della musica di Onyeabor. Sono stato a queste serate e ho visto il pubblico diventare matto: sono feste tra l'Africa e l'iperspazio. Si suona la sua musica come la suonerebbe lui, ma lui non esce di casa, non si muove dal suo villaggio a cento chilometri da Lagos, non si fa fotografare, non parla con i registratori e con le telecamere. In via Varese non c'è più nessuno. La lira non c'è più e il vinile, nonostante ogni tanto qualcuno scagli anatemi luddisti, non tornerà, come la lira e molte altre cose, del resto. Ma forse qualcuno si ricorda delle Plastiche Ambrosio e può risalire fino a stabilire il contatto con mister William Onyeabor.
Sono cose della vita, canta Eros Ramazzotti, e la musica è fatta quasi solo di quelle cose, per questo quando ascolto il disco bellissimo di William Onyebor penso a via Varese e poi a Lagos e mi batte forte il cuore, e trovo conforto nel pensiero che il mondo è un delirio, ma che musica bella che c'è.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi