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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2012 alle ore 21:41.

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Lo studio d'affari del futuro sarà un po' più azienda, un po' meno centro di ricerca. E opererá in un mercato reso più competitivo da tecnologia e liberalizzazioni, con una struttura più snella e facendo ricorso a strategie di marketing e pricing più aggressive. Struttura ridotta fino al 5% secondo Royal Bank of Scotland (Rbs), che ha appena pubblicato una ricerca sullo stato di salute del mercato legale inglese, dove 6mila dei circa 120mila professionisti che lavorano negli studi del paese rischiano di perdere il posto di lavoro nei prossimi mesi.

Tutta colpa del Legal Services Act, normativa appena entrata in vigore in Inghilterra e ormai nota con il soprannome "Tesco Law" che permette a aziende attive in altri settori di offrire servizi legali. Una delle armi a disposizione degli studi del futuro per affrontare l'aumento della concorrenza é il brand. Come dimostra la presenza di alcune law firm nella classifica di Superbrands, l'indice dei brand multinazionali dal valore maggiore.

Il primo studio che figura nella classifica é Linklaters, al 175imo posto della classifica, di poco avanti a Clifford Chance, mentre Allen & Overy é lo studio che ha guadagnato più posti, migliorando di 62 gradini la posizione nella classifica dello scorso anno. Ancora, lo studio legale del futuro offrirá servizi standardizzati a costo inferiore. Poprio sulla scia della Tesco law, lo studio angloamericano Dla Piper ha appena annuncianto la creazione di LawVest, business legale che offrirá soluzioni pensate per la clientela aziendale, con una struttura di parcelle fisse.

Ma anche in Italia, dove la Tesco Law sembra un nome esotico, il dibattito sul futuro della professione é più acceso che mai. Non a caso, la Adam Smith Society organizza la prossima settimana un convegno sul futuro della professione legale, a cui partecipano i protagonisti di questo dibattito in Italia: Maurizio De Tilla, presidente dell'organismo unitario dell'avvocatura, Giovanni Lega, presidente dell'associazione Studi legali associati, e Giovanna Ligas, presidente dell'associazione Italiana Giuristi d'Impresa.

Alessandro De Nicola, presidente di Adam Smith e socio dello studio americano Orrick, spiega che la law firm del futuro dipenderá dall'evoluzione del panorama normativo in cui operano gli studi. «Nel caso in cui venga confermata la possibilità per i professionisti di costituire società di capitali aperte anche ad investitori esterni, è molto probabile che il mercato si dividerà in due segmenti: da una parte le società di capitali partecipate da soci finanziatori, focalizzate sull'assistenza standardizzata in consulenze ordinarie; dall'altra strutture che disporranno di risorse altamente specializzate dedicate a grandi operazioni e ad advisory di alto livello e qualità», spiega.

L'Italia resta tuttavia in ritardo rispetto al mondo anglosassone, dove questo cambiamento é giá stato innescato. «Molto, purtroppo il contesto politico italiano non ha mai agevolato una ragionata revisione delle norme che regolano la professione», aggiunge l'avvocato, che spiega che una riforma strutturale era necessaria e è ora imprescindibile. «Questioni come l'accesso alla professione e la formazione, il ruolo degli ordini forensi, la comunicazione e il libero esercizio dell'attività economica devono essere riesaminate ed attualizzate per offrire una consulenza al cliente che costituisca una concreta risposta alle sue necessità», conclude.

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