SIDERURGIA

Acciaio nel mirino dei dazi Usa

di Matteo Meneghello

Olycom

2' di lettura

Prima l’indagine sulla vergella, poi l’annuncio di un nuovo dossier, questa volta dedicato ai tubi trafilati a freddo. La politica protezionistica degli Stati Uniti mette nel mirino, tra gli altri, anche l’Italia e le sue importazioni sul suolo americano. Un orientamento che preoccupa Federacciai, non solo per il rischio che le indagini sfocino in dazi.

«Si tratta di azioni spesso pretestuose - spiega Flavio Bregant, direttore generale dell’associazione che raggruppa i produttori italiani di acciaio -. L’azione di difesa inaugurata con la presidenza di Donald Trump punta ad uno spettro molto ampio». Nei giorni scorsi il Dipartimento del commercio Usa ha parlato espressamente di minaccia alla sicurezza nazionale: «significa che anche la difesa del welfare e il mantenimento dei posti di lavoro è considerata una ragione opportuna per costruire una difesa» spiega il direttore di Federacciai.

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In aggiunta ai dazi, in Europa si teme che gli Usa puntino in generale a riequilibrare la bilancia commerciale con i propri partner. «Se non si ragionerà in ottica di Unione europea ma di singoli paesi - spiega Bregant -, l’Italia è in pericolo».

L’anno scorso l’export siderurgico italiano negli Usa è stato di 469mila tonnellate di acciaio, per un controvalore di 657 milioni di euro, dato in calo rispetto agli anni precedenti. Gli Stati Uniti restano comunque saldamente tra i primi dieci migliori partner commerciali per l’Italia in campo siderurgico, con acquisti significativi soprattutto per i tubi e per prodotti lunghi.

La scure a stelle e strisce cade in una fase positive per l’industria siderurgica italiana, che a marzo ha prodotto 2,232 milioni di tonnellate di acciaio (+9,5% rispetto al mese di marzo del 2016) portando l’output del primo trimestre oltre i 6 milioni di tonnellate (6,122, +5,5% rispetto alla stessa frazione dell’anno scorso) in linea con il resto dell’Europa. Un buon momento di mercato incoraggiato anche dai dazi decisi dall’Unione europea contro le importazioni cinesi, come ha confermato nei giorni scorsi il direttore di Eurofer, Axel Eggert. «La fase è positiva - conferma Bregant -, non si sta producendo a scorte: c’è una buona risposta dei settori consumatori a valle, come la meccanica. Anche le esportazioni stanno crescendo, solo l’edilizia resta in difficoltà. I dazi - prosegue - stanno avendo un impatto positivo, ma è importante precisare la profonda differenza tra gli strumento adottati dall’Unione europea e da quelli che gli Stati Uniti minacciano di mettere in campo: l’Europa si difende dal commercio sleale, Donald Trump invece sta erigendo una barriera a protezione dell’industria americana. Non è la stessa cosa».

Oltre al danno, la beffa. Perchè gli Usa (in particolare nel dossier relativo alla vergella) sostengono che l’industria siderurgica italiana è sussidiata dallo stato. «Sono discussioni annose - replica Bregant -, questioni ampiamente chiarite in passato, legate ad alcune scelte legislative, quali per esempio le agevolazioni per l’industria energivora. In ogni caso l’azione è strumentale: l’istanza in questi casi prevede l’istituzione di dazi provvisori, e l’indagine spesso rischia di avere un esito negativo per banali ritardi nelle risposte o piccole imprecisioni formali».

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