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Ocse, allarme occupazione tra i giovani: in Italia lavora…

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peggio di noi solo la grecia

Ocse, allarme occupazione tra i giovani: in Italia lavora soltanto uno su due

In Italia il tasso di occupazione dei giovani tra 15 e 29 anni è sceso di quasi 12 punti percentuali tra il 2007 e il 2013, passando dal 64,33% al 52,79%, il secondo peggior dato tra i Paesi Ocse, dietro alla sola Grecia (48,49%). È quanto risulta dall’ultimo Rapporto Ocse su Giovani e occupazione pubblicato oggi.

L’Italia è invece quartultima tra i Paesi Ocse per il tasso di occupazione nella fascia d’età 30-54, sceso dal 74,98% del 2007 al 70,98% del 2013. Il nostro Paese, sottolinea l’organizzazione, ha «uno specifico problema di disoccupazione giovanile, in aggiunta a uno più generale», a causa di «condizioni sfavorevoli e debolezze nel mercato del lavoro, e nelle istituzione sociali ed educative».

In Italia, il 31,56% dei giovani svolge un “lavoro di routine”, che non richiede l’utilizzo di competenze specifiche, e il 15,13% ha un’occupazione che comportava uno scarso apprendimento legato al lavoro. Il nostro Paese è in particolare quello con la più elevata percentuale di giovani tra i 16 e i 29 anni che non hanno alcuna esperienza nell’uso del computer sul posto di lavoro, con il 54,3%, a fronte di una percentuale di giovani che non usano mai il computer ferma al 3 per cento.

La «mancata corrispondenza», o «mismatch», tra posto di lavoro e competenze è un problema sempre più diffuso tra i giovani nei Paesi Ocse: in media, il 62% hanno un lavoro che non corrisponde alla loro formazione, con in particolare un 26% di sovraqualificati (il 14% dei quali lavora inoltre in un settore che non sarebbe il suo) e un 6% di persone con competenze superiori a quelle richieste.

In Italia i giovani «Neet», non occupati né iscritti a scuola o in apprendistato, sono il 26,09% degli under 30, quarto dato più elevato tra i Paesi Ocse. All’inizio della crisi, nel 2008, erano il 19,15%, quasi 7 punti percentuali in meno. Nell’insieme dei Paesi Ocse i giovani «Neet» erano oltre 39 milioni a fine 2013, più del doppio rispetto a prima della crisi.


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