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Effetto Draghi sui mutui a tasso variabile e fisso. Ecco perché le…

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Effetto Draghi sui mutui a tasso variabile e fisso. Ecco perché le rate potranno scendere ancora

L’apertura a potenziare il quantitative easing del governatore della Bce Mario Draghi non ha avuto effetto solo su Borse (in forte rialzo), euro (in forte calo a 1,1) e spread BTp-Bund (in forte calo sotto i 100 punti base). Ma rischia di avere nelle prossime settimane anche un importante effetto sui mutui, sia a tasso variabile che a tasso fisso.

Draghi ha in sostanza detto che già a partire da dicembre la Bce potrebbe aumentare gli stimoli monetari. I modi per farlo sono due: 1) potenziare l’attuale piano di quantitative easing (attraverso il quale la Bce acquista titoli di Stato dell’Eurozona e bond privati per circa 60 miliardi al mese almeno fino a settembre 2016); 2) ridurre ulteriormente il tasso sui depositi, che è quello che le banche dovrebbero ricevere in cambio delle somme che parcheggiano presso la Bce. Il condizionale è d’obbligo in questo caso perché essendo in questo momento il tasso negativo (-0,2%) a conti fatti le banche “pagano” una commissione alla Bce (anziché ricevere un tasso creditore) se vogliono parcheggiare la liquidità presso la banca centrale.

Si tratta di stimoli che agiscono in modo combinato per disincentivare le banche a fare trading sui titoli di Stato (cosa che hanno fatto benissimo e con ampie plusvalenze negli anni della crisi in cui utilizzavano la liquidità a buon mercato per comprare e vendere BTp) e ritornare a fare profitti dai prestiti all’economia reale, per quanto la domanda interna di famiglie e imprese resti ammaccata proprio dagli ultimi difficili anni di crisi che hanno demolito stipendi e fatturati e quindi capacità di rimborso dei prestiti stessi.

Gli stimoli della Bce hanno avuto finora effetto sperato dato che nei primi 8 mesi dell’anno il numero dei mutui concessi in Italia è cresciuto di oltre l’80% (di cui un terzo è però dovuto a surroghe e rinegoziazioni, cioè a miglioramenti di condizioni precedenti e non a nuovi acquisti di case). In crescita a doppia cifra anche i prestiti alle imprese. Gli stimoli hanno avuto anche l’effetto di fare scendere gli indici con cui vengono calcolate le rate dei mutui a tasso variabile, gli indici Euribor e gli indici Eurirs. E visto che ora sono in arrivo nuovi stimoli, questi indici potrebbero ricevere una nuova spinta al ribasso, determinando un calo delle prossime rate. Cerchiamo di capire perché.

Effetto Draghi sui mutui a tasso variabile
Gli indici Euribor a 1 e 3 mesi sono in territorio negativo dal 20 gennaio, da oltre 250 giorni consecutivi. Non era mai accaduto nella storia dell’Eurozona. E dovrebbero continuare a scendere: la notizia dell’ultim’ora è che dopo le parole di Draghi anche l’Euribor a 6 mesi (per la verità poco utilizzato oggi nell’indicizzazione dei mutui variabili a differenza di quello a 1 e 3 mesi che restano i più utilizzati dalle banche) è proiettato sotto zero (secondo il mercato dei future).

Questa mattina intanto l’Euribor a 1 mese ha toccato un nuovo minimo storico a -0,119% e il 3 mesi a -0,06%. Tendenzialmente, come già ricordato in questo articolo, attualmente questi indici possono spingersi fino al -0,2%, proprio perché il tasso sui depositi attualmente fissato dalla Bce è su questa soglia, che è il livello tecnico su cui gli Euribor potrebbero andare a sbattere. Ma se la Bce dovesse portare il tasso sui depositi a -0,3%, come alcuni ipotizzano dopo le ultime parole espansive di Draghi, gli Euribor avrebbero ulteriore spazio nella loro discesa sotto quota 0.

A quel punto, con un Euribor a -0,3% suonerebbe ancor più strana la scelta di molti istituti che pongono sui nuovi mutui a tasso variabile il limite alla discesa dell’Euribor nel calcolo della rata, indicando nel contratto che il tasso finale (che normalmente si ottiene sommando algebricamente lo spread deciso dalla banca e l’Euribor deciso dal mercato interbancario ogni giorno) non potrà essere in ogni caso inferiore allo spread (come dire che l’Euribor negativo non viene sottratto). Sarebbe sempre più complicato mantenere senza polemiche per le banche questo ombrello considerato il fatto che un Euribor negativo riflette uno scenario deflazionistico, che tende a penalizzare in termini reali chi ha un debito ed il riflesso di una ripresa economica non effervescente.

In questo caso chi però sceglie il tasso variabile sarebbe penalizzato dal fatto di non poter beneficiare al contrario della deflazione (lo scenario ideale per un debito a tasso variabile così come uno scenario iperinflativo è ideale per un debito a tasso fisso) e quindi di vedersi sottrarre dal calcolo della rata l’indice negativo, il che manterebbe invariato il costo del debito in termini reali.

Questo discorso non vale per chi ha stipulato un mutuo variabile prima del febbraio 2015 quando le banche, non prevedendo una discesa sotto zero dell’Euribor, non si erano ancora coperte da queste eventualità. Per questi mutui l’Euribor (salvo se previsto diversamente) deve essere sottratto allo spread. Ipotizzando un Euribor a -0,3% su un mutuo di 150mila euro a 20 anni, si tratterebbe di un risparmio mensile di circa 25 euro.

Effetto Draghi sui mutui a tasso fisso
Se la Bce potenzial il «Qe» vuol dire che continuerà ad acquistare anche i titoli tedeschi, i Bund. Di conseguenza questo comporterà un ulteriore ridimensionamento dei rendimenti (che si muovono in direzione opposta al prezzo come per qualsiasi obbligazione sia governativa che societaria). E dato che gli indici Eurirs (che sono utilizzati per determinare nel giorno della stipula il tasso che sarà applicato al mutuo a tasso fisso) sono agganciati all’andamento del rendimento del Bund, se quest’ultimo scende scenderanno anche gli Eurirs. Di conseguenza, se le banche manterranno invariati gli spread i nuovi mutui a tasso fisso potranno costare meno, in termini nominali, di 10-20 punti base rispetto alle soglie attuali.

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