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Popolari, ispezioni di Bce sugli aumenti di capitale

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Popolari, ispezioni di Bce sugli aumenti di capitale

La vigilanza della Banca centrale europea, in stretto coordinamento con Banca d’Italia, mette nel radar le banche popolari italiane. Agli inizi del 2016, secondo quanto raccolto dal Sole 24 Ore da fonti di mercato, scatteranno una serie di ispezioni ad hoc sulle modalità con cui sono stati realizzati gli aumenti di capitale nel corso del 2014. L’obiettivo è fugare ogni dubbio sulle eventuali irregolarità su possibili legami “pericolosi” tra banca e i clienti-soci dopo i casi di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, e rassicurare così il mercato.

In particolare gli approfondimenti interesseranno Ubi Banca, Banco Popolare, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare Emilia Romagna e Banca Popolare di Sondrio, ovvero gli istituti cooperativi che da novembre 2014 sono finiti sotto la vigilanza unica Bce, il cosiddetto Single supervisory mechanism.

Le ispezioni avrebbero natura cautelativa e non sono destinate a ingenerare alcuna particolare fibrillazione negli istituti coinvolti, anche per la diversa natura delle banche coinvolte (che sono quotate) rispetto alle due venete, Popolare Vicenza e Veneto Banca, che invece non sono quotate.
Sulle banche popolari italiane si accende il faro della Vigilanza. E stavolta, a finire al vaglio degli ispettori Bce, sono gli aumenti di capitale messi a segno dagli istituti popolari negli ultimi anni e alle modalità con cui sono stati realizzati. Un modo per verificare eventuali irregolarità sui possibili incroci “pericolosi” tra banca e clienti-azionisti ma soprattutto per rassicurare il mercato dopo i casi di Banca Popolare Vicenza e Veneto Banca.
A inizio 2016, a quanto risulta al Sole 24 Ore da fonti di mercato, gli uomini di Francoforte avvieranno una serie di ispezioni ad hoc nelle principali banche popolari quotate italiane: gli approfondimenti interesseranno Ubi Banca (diventata Spa), Banco Popolare, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare Emilia Romagna e Banca Popolare di Sondrio, ovvero gli istituti cooperativi che da novembre 2014 sono finiti sotto la vigilanza unica Bce, il cosiddetto Single supervisory mechanism.
Nel dettaglio, gli uomini dei Joint supervisory team di Francoforte, che operano in stretto coordinamento con Banca d'Italia, potrebbero dare il via a una serie di approndimenti per vericare se le banche abbiano concesso prestiti (o garanzie) ai soci-clienti in cambio di un acquisto diretto di azioni proprie.

Le ispezioni avrebbero scopo prudenziale e non sono destinate a ingenerare alcuna particolare fibrillazione negli istituti coinvolti, anche per la diversa natura delle banche coinvolte (che sono quotate) al contrario di quelle venete, non quotate. D'altra parte le ispezioni sul settore si sono rese “necessarie” proprio dopo le vicende che hanno riguardato le due banche del Veneto. Qui, nei mesi scorsi i funzionari della Vigilanza hanno passato al setaccio gli aumenti di capitale degli ultimi anni, rilevando come gli istituti abbiano concesso prestiti poi serviti a finanziare l'acquisto di azioni della banca. Di fatto le banche finanziavano a debito il rafforzamento degli indici patrimoniali. Popolare Vicenza lo scorso agosto ha spiegato che, al termine delle ispezioni, «diverse posizioni, nelle quali la sottoscrizione o l'acquisto delle azioni della Banca da parte della clientela, sono stati effettuati facendo ricorso a finanziamenti erogati». Alla luce di quella ispezione, la banca è stata costretta a porre un filtro prudenziale pari a 975 milioni di euro che ha abbattuto i ratio patrimoniali e ha costretto all'aumento di capitale da 1,5 miliardi che sarà realizzato nei prossimi mesi. Analogamente, Veneto Banca ha scomputato ai fini di vigilanza 286 milioni dal patrimonio per «possibili operazioni di assistenza finanziaria correlate all'acquisto o alla sottoscrizione di azioni della Banca», riducendo così il proprio Cet1 ratio.

Come detto, però, i casi Popolare Vicenza e Veneto Banca fanno caso a sè nel panorama bancario italiano. I due istituti sono banche non quotate, condizione che ha reso scarsa o impossibile la partecipazione di investitori istituzionali - che per natura cercano investimenti facilmente liquidabili - agli aumenti di capitale. In assenza di grandi investitori, gli aumenti giocoforza sono stati interamente “caricati” sui piccoli soci, ingenerando così comportamenti illeciti da parte delle banche. Per le altre banche italiane popolari - che sono quotate - gli aumenti invece sono stati realizzati su mercati regolamentati e trasparenti, dove i fondi partecipano attivamente e i rischi di potenziali irregolarità relative ai piccoli soci si riducono.

Peraltro, va detto che la disciplina sul tema dell'assistenza finanziaria rimane un'area incerta dal punto di vista normativo. Alcuni statuti bancari contemplano ad esempio la possibilità di vincolare le azioni dei soci a fronte dei prestiti erogati nel rispetto dello spirito mutualistico. Motivo per cui anche da un punto di vista giuridico alcune prassi sono considerate legittime. A maggior ragione, in questo senso, la futura azione congiunta Bce-Bankitalia sulle banche popolari quotate garantirebbe maggiore chiarezza in una logica di massima trasparenza nei confronti del mercato.

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