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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2014 alle ore 17:32.
L'ultima modifica è del 20 settembre 2014 alle ore 18:41.

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(Ansa)(Ansa)

NEW YORK - «California dreaming» dice la canzone. E dunque ha coraggio Matteo Renzi, riformista nel cuore, a visitare la Silicon Valley come prima tappa del suo viaggio americano annunciato ieri da Palazzo Chigi. Perché il sogno californiano è il contrario di quello che siamo noi oggi, il contrario delle mille regole e delle rigidità sul posto di lavoro, il contrario dei tetti agli stipendi e dell'appiattimento, di una giustizia che non garantisce l'impresa. E dell'ostruzionismo con cui viene accolto qualunque cambiamento suggerito, auspicato in ogni angolo del nostro paese. In "Valle" ma in America in genere prevale la facilitazione per il bene comune.

Nella sua visita alla Stanford University la sera del suo arrivo, questa domenica, all'incontro con le Start up italiane o con il sindaco di San Francisco o con Twitter o con Yahoo, previsti per lunedì, il nostro Presidente del Consiglio non potrà che rendersi conto di aver ragione nel chiedere le riforme subito, perché il gap fra noi che stiamo fermi e chi si muove verso il futuro cresce. Renzi conosce bene la "Valle" dai tempi della sua presidenza della Provincia di Firenze, gemellata con la Contea di Santa Clara (che ospita gran parte della Silicon Valley storica) eppure troverà ancora più forte oggi il messaggio implicito per la crescita di tre parole chiave consequenziali: merito, innovazione e soldi. Per poter innovare occorre poter cambiare cose che da noi non cambiano mai.

Non dobbiamo dunque leggere questo viaggio di Renzi in California solo come un appello per l'investimento in tecnologia nel nostro paese, per il recupero dei cervelli in fuga o per la promozione dei nostri scienziati che nella Silicon Valley hanno scritto un pezzetto di storia. Questa visita in "Valle" diventa un megafono per amplificare il grido d'allarme per i nostri ritardi, per le grandi opportunità che potremmo avere dietro l'angolo e che perdiamo. Anche con i circa 5.000 italiani che oggi vivono e lavorano nella Valle o poco più a nord, vicino a San Francisco, dove hanno trovato subito lavoro e dove contribuiscono all'avanzamento della punta di diamante dell'economia americana, il settore dell'infocom. Di questi Renzi ne incontrerà alcuni, un centinaio, durante un incontro alla Nasa lunedì. Sono persone cresciute e formate nelle scuole e nelle università italiane che poi non trovavano gli sbocchi adeguati.

Questo megafono californiano può dare a Renzi la forza per illustrare nei fatti quanto sia importante procedere con la madre di tutte le riforme, la più difficile, perché immateriale: il cambiamento della nostra cultura, quella della protezione, dell'appartenenza e della furbizia. «È certamente un'occasione per aprire nuovi orizzonti - ci dice Ronald Spogli, ex Ambasciatore d'America in Italia, co-fondatore della Freeman Spogli una private equity firm a Los Angeles -. Credo che Renzi questi orizzonti li abbia già chiari. E vedere quello che succede qui, raccontare all'Italia cosa è possibile fare in condizioni di flessibilità è molto importante». Spogli è nel consiglio di Stanford University, conosce Renzi da quando era Ambasciatore in Italia e sarà fra coloro che lo accoglieranno a Stanford, dove siede nel consiglio di amministrazione. Domenica, alla cena in Università ci saranno una trentina di investitori e leggende della Silicon Valley ma anche della politica americane, dovrebbero venire gli ex segretari di Stato George Shultz e Condoleeza Rice. Spogli fra l'altro ha co-fondato con Fernando Napolitano un imprenditore italiano che si è trasferito in America, BEST, un'iniziativa filantropica per portare giovani italiani di talento per un'esperienza a Silicon Valley con l'obiettivo di farli poi tornare a casa con posti di lavoro adeguati o con la possibilità di lanciare start up. Lunedì ci sarà anche l'inaugurazione della Scuola Internazionale Italiana, alla quale parteciperà la moglie di Renzi, Agnese Landini, professione insegnante. Poi di corsa a New York per lavori ai margini dell'Assemblea Generale dell'Onu e il suo discorso davanti all'Assemblea Generale. Infine Detroit: vecchio comparto meccanico, nuova azienda italo americana, la "Fiat Chrysler Automobile", che sta per quotarsi al Nyse per affrontare la sfida globale in un settore auto sempre più competitivo.

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