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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2014 alle ore 10:19.
L'ultima modifica è del 27 agosto 2014 alle ore 12:08.

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Dopo la riedizione di Diglielo da parte mia, in queste settimane la casa editrice e/o riporta in libreria Democracy, uscito nel 1984 da Frassinelli, da tempo fuori catalogo. Diventa un po' meno bucherellato il catalogo italiano di Joan Didion, una scrittrice imprescindibile nel canone dei classici contemporanei. Nell'attesa che vengano per la prima volta tradotti i saggi di The White Album, ci si può allora cimentare con questo enigmatico e sentimentale esperimento di autofiction ante-litteram.

Inez Christian, protagonista del romanzo, viene presentata infatti come una vecchia collega di Vogue della giornalista che sta raccontando i fatti, la stessa Joan Didion, così come Jack Lovett, agente della Cia e amante di Inez, viene descritto come una faccia conosciuta sui fronti caldi del pianeta a chiunque facesse il giornalista dalla metà degli anni 60 ai primi anni 70 capitava di incontrare Jack Lovett al punto che il lettore dopo una ventina di pagine calibra la suspension of disbelief andando a verificare su Google: Inez e Jack e Harry Victor, senatore del Congresso e marito di Inez, sono esistiti? Le risposte del motore di ricerca più che produrre disillusione fanno riflettere sulle possibilità del realismo. E mischiando molto le carte e restando in bilico tra composizione lirica ed esposizione cronachistica, Joan Didion finisce sempre per essere molto persuasiva. Se anche questi personaggi non sono esistiti, è molto plausibile che possano essere esistiti, che l'autrice possa realmente averli conosciuti. E, in ogni caso, l'autrice fa di tutto per credere a ciò che sta scrivendo.

D'altra parte la capacità di seduzione del contesto ricorda molto da vicino quella di Diglielo da parte mia, un milieu coloniale e tropicale che si intreccia ai grandi fatti della politica americana del secondo Novecento. L'espansionismo paternalista della superpotenza che ha un suo risvolto intimo, altrettanto violento, sul fronte interno: padri che impazziscono, figli che si autodistruggono, l'irrealizzabilità dell'amore... E poi quel suono, il suono ipnotico dei paragrafi di Joan Didion. La rivista Kirkus ha definito Democracy «un oggetto letterario chic con al centro una soap-opera». Ma, anche riconoscendo una compiutezza più smagliante alla sua nonfiction narrativa, è difficile non notare l'influenza che la Didion romanziera ha esercitato su alcuni grandi scrittori americani. Io, per dire, faccio fatica a immaginare che senza questo libro sarebbero stati scritti Lunar Park di Ellis o la trilogia di Ellroy.è lo specchio che naviga e ha per vele il dolore».

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