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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2012 alle ore 11:56.

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Il ministro delle Finanze di Dublino, Michael Noonan (Bloomberg)Il ministro delle Finanze di Dublino, Michael Noonan (Bloomberg)

Meno nubi nel cielo d'Irlanda. Il ministro delle Finanze di Dublino, Michael Noonan, ha annunciato che il Prodotto interno lordo potrebbe «decollare come un razzo» e crescere tra il 4 e il 6% il prossimo anno. Niente male per un Paese che nel 2009 è stato colpito da una gravissima recessione (-7%) e ha dovuto affrontare il tracollo del settore del credito e del rating. Le principali banche irlandesi sono state salvate (Anglo Irish Bank è stata nazionalizzata dopo aver ricevuto aiuto per 29,3 mld, aiuti anche per Irish Life) dal governo che, a sua volta, è stata poi costretto a ricorrere agli aiuti imposti dalla Troika (Ue-Bce-Fmi) in un piano da 85 miliardi di euro. La stessa sorte di Grecia (poi comunque fallita con pesanti ricadute sugli investitori privati che dovranno rinunciare al 75% del valore di mercato dei bond) e Portogallo (che non viaggia in buone acque con spread sui titoli a 5 anni a 1.600 punti, superiori ai 1.200 dei titoli a 10 anni).

Quando l'Irlanda ha chiesto gli aiuti (il pacchetto è stato varato a fine 2010) la sintesi dei mercati sulla crisi di Dublino era spietata. I rendimenti dei bond si sono via via impennati arrivando a superare il 18 luglio 2011 il 24% (sulla scadenza a due anni), il 17% (sulla scadenza a cinque anni) e il 14% (sui titoli a 10 anni). Lo spread con i titoli tedeschi è balzato in pochi mesi da 300 a 2.200 punti (guarda il grafico degli spread Irlanda-Germania). Tassi insostenibili per un Paese chiamato nel contempo ad affrontare la spada di Damocle delle misure di austerity imposte dall'Unione europea come condizioni al maxi-prestito salvataggio.

Eppure, a quanto dicono i numeri, Dublino sta invertendo il trend negativo. Tra i tre Paesi ad aver ricevuto il salvagente dell'Ue è l'unico che ha dato incoraggianti segnali di ripresa. Tanto che lo scorso febbraio il premier Mario Monti, incontrando il premier irlandese Enda Kenny ha descritto l'Irlanda «una buona dimostrazione di ciò che diciamo agli italiani». Un'altra faccia dell'austerity, insomma. Secondo Monti
«le misure di consolidamento del bilancio, di rigore e strutturali possono essere difficili da sopportare nel brevissimo periodo ma poi generano ripresa della crescita». Insomma il pacchetto di riforme (una manovra quadriennale varata a fine 2010 per risanare i conti irlandesi con tagli da 15 miliardi di euro l'anno fino al 2014) pare stia dando i suoi frutti.

Oltre alle previsioni incoraggianti sul Pil, nel frattempo è migliorato anche il quadro finanziario. Gli spread negli ultimi mesi si sono ridimensionati, così come i costi del debito pubblico. I titoli a due anni (che nel picco hanno sfiorato il 25%) oggi sono prezzati a un tasso che corrisponde al 5%, in linea con quelli a cinque anni. Oggi i rendimenti dei titoli a 10 anni sono scivolati al 6,92%, scendendo sotto la soglia del 7%, da molti considerata critica e difficilmente sostenibile nel lungo periodo.

Meno nubi, dicevamo. Ma è ancor presto perché il sereno torni a risplendere sui favolosi fiordi irlandesi. Proprio oggi, mentre il ministero delle Finanze ha decantato entusiastiche previsioni sul Pil è arrivata una doccia fredda: il governo di Dublino ha reso noto che «sfortunatamente» il Paese non riuscirà a raggiungere un accordo con la Banca centrale europea per riscadenziare il pagamento del debito utilizzato per salvare le due banche fallite. Il 31 marzo scade una tranche da 3,1 miliardi e l'Irlanda sta infatti cercando di ristrutturare una parte del debito della bad bank nel quale sono confluite alcune banche fallite.

Notizia che ha fatto impennare il costo dei Cds (Credit default swap), una sorta di polizze assicurative che proteggono dal fallimento di titoli sottostanti. Oggi i contratti Cds sul debito irlandese a cinque anni sono saliti di 16 punti base a 635 punti (secondo i dati Markit), decisamente più in là degli stessi contratti sulla Spagna (403 punti) e Italia (365). Ovvero degli altri due Paesi del club allargato dei Piigs che stanno dando ai mercati la sensazione che l'austerity può funzionare.

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