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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2012 alle ore 09:46.

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La parola d'ordine è che non vi sarà bisogno di alcuna manovra. In sostanza, gli interventi condensati nel decreto «salva-Italia» del dicembre scorso, nel cumulato con le altre due manovre del 2011 (81,3 miliardi nei loro effetti a regime), dovrebbero assicurare nel 2013 una posizione strutturale di bilancio pari allo 0,5% del Pil. Le stime rese note ieri dalla Commissione europea, in realtà fissano all'1,1% il deficit 2013. Lo scarto è di circa 8 miliardi, ma l'aggiustamento è già compreso nella manovra, fa sapere Bruxelles, offrendo la sua intepretazione autentica di quanto riportato nel testo.

La precisazione del vice presidente della Commissione e commissario agli Affari economici, Olli Rehn («non vi sarà bisogno di manovra aggiuntiva») chiude per ora il caso. Se ne riparlerà tra l'estate e l'autunno, e sono sostanzialmente tre le variabili in gioco: l'andamento della spesa per interessi, il risultato della spending review, la destinazione dell'extragettito che deriverà dalla lotta all'evasione, una volta accertati e contabilizzati i relativi incassi.

Sul primo fronte, tutto dipenderà dall'andamento dello spread nei prossimi mesi, e soprattutto nella seconda metà dell'anno. Il Def cifra al 5,3% del Pil l'ammontare della spesa per interessi nel 2012, contro il 4,9% del 2011. In soldoni, si tratta di 80,7 miliardi, in aumento rispetto ai 74,4 miliardi del 2011. Nel 2013 si dovrebbe toccare quota 85,1 miliardi (il 5,4% del Pil). Una auspicabile variazione in positivo di questa componente decisiva dei nostri conti pubblici potrebbe aprire spazi per rafforzare il percorso verso il «quasi pareggio» di bilancio.

Per quel che riguarda la spending review, entro giugno, tra i 2,1 miliardi affidati alla forbice di Enrico Bondi sul capitolo dei beni e servizi, e i 2,1 miliardi di tagli di competenza dei ministeri si dovrebbero raggiungere i 4,2 miliardi indicati dal Governo. Risorse che valgono 7,8 miliardi in ragione d'anno e dovrebbero consentire di evitare almeno per l'anno in corso l'aumento di due punti dell'Iva (dal 10 al 12% e dal 21 al 23%) in programma dal prossimo 1° ottobre. Si tratta di un «work in progress», con uno step successivo identificabile a metà ottobre quando vedrà la luce la nuova legge di stabilità (la ex Finanziaria). È la sede per verificare se e in quale misura sarà possibile potenziare la «dote» iniziale della spending review, rafforzando anche per questa via l'obiettivo stimato per il deficit 2013. Si potrà agire con decreto, e la legge di stabilità ne recepirebbe gli effetti nei saldi di finanza pubblica. Una spending review rafforzata che si annuncia però complessa, a pochi mesi dalle elezioni del 2013. La spesa pubblica è una variabile potentissima da manovrare in campagna elettorale, e non certo in direzione del rigore.
Infine la lotta all'evasione. Il Governo - lo ha ribadito ieri Mario Monti - si è attestato su una linea di estrema prudenza, non indicando ex ante gli incassi attesi. Quando sarà possibile quantificarli con esattezza, si potrà cominciare a ragionare sulle modalità di utilizzo con destinazione prioritaria, anche in questo caso, alla riduzione del deficit. Spazi sempre più esigui, ne consegue, per l'attesa e necessaria riduzione del prelievo fiscale.

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