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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2015 alle ore 08:11.
L'ultima modifica è del 18 febbraio 2015 alle ore 13:25.

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La normalità è dietro l’angolo anche per il petrolio. È la convinzione di Bp, che ieri ha presentato l’Energy Outlook 2035. «Nonostante il recente drammatico indebolimento dei mercati energetici mondiali - si legge nel documento illustrato a Londra dal ceo Bob Dudley e dal chief economist Spencer Dale - l’Asia continuerà a guidare la domanda per i prossimi vent’anni. Questa crescerà del 37% dal 2013 al 2035 con una media dell’1,4% all’anno». Parole che Dale, ex responsabile della ricerca della Bank of England, ha accompagnato con una considerazione di fondo: «Dopo tre anni di prezzi di mercato stabili, la caduta di questi mesi ci conferma che la norma nel mondo dell’energia è fatta di continui cambiamenti. Si deve guardare oltre la volatilità sul breve, per individuare i trend di più lungo periodo che disegneranno il mercato energetico nei prossimi vent’anni».

Lo scenario di fondo resta comunque dominato da una sostanziale «debolezza», che per il ceo di Bp, Bob Dudley durerà ancora «alcuni anni»: un periodo indefinito di cadute rapide e repentine risalite, tutto colpa - o merito - dello shale oil e dello shale gas, che entro il 2030 garantiranno agli Usa l’autosufficienza energetica e prima ancora, «tra pochi anni», il ruolo di esportatore netto.

Bp non crede comunque che il boom possa essere infinito. «La crescita record del petrolio shale – ha precisato Dale – comincerà presto a rallentare, perché la dinamica dell’esaurimento dei pozzi è destinata ad accelerare. A un certo punto si stabilizzerà». E questo coinciderà con un ritorno della centralità del Medio Oriente nell’approvvigionamento mondiale. «Tante dichiarazioni sul tramonto dell’Opec sono grandemente esagerate», ha commentato il chief economist, convinto che tra una ventina d’anni al gruppo verrà richiesto di produrre più di 32 milioni di barili al giorno, il record storico del 2007, e che la sua quota di mercato tornerà ad essere del 40 per cento.

La previsione di Bp è quindi quella di un ritorno alla normalità, seppure lento, su tutti i fronti. In termini di domanda e di prezzi. L’interrogativo è sulla data, o meglio sul quando in senso lato. Nessuno in Bp ha saputo essere preciso nell’individuare l’uscita dal tunnel imboccato da scelte strategiche precise: quella sullo shale degli americani e soprattutto quella dell’Opec, impegnata in un braccio di ferro con i Paesi non Opec che si è risolto con il mantenimento dei livelli di produzione e la conseguente caduta del prezzo del barile.

Il corso dell’energia punterà comunque a Oriente e soprattutto in Cina, che entro il 2035 secondo Bp sarà il primo consumatore di petrolio al mondo. A livello globale, se il carbone è destinato a rallentare per un progressivo calo di domanda, la domanda di gas resta invece destinata ad espandersi con una crescita dell’1,9% l’anno. Un multiplo, secondo l’outlook, sarà invece la crescita dei rifornimenti di Lng: da oggi al 2020 è previsto un aumento dell’8 % l’anno, con l’Asia - ancora una volta - in forte crescita, tanto da prendere il posto dell’Europa come primo importatore netto di gas.

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