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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2015 alle ore 07:06.

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King Coal, il re Carbone, si avvia ad essere detronizzato nel giro di 15 anni, superato dalle rinnovabili come prima fonte di elettricità. La previsione, dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), si fonda sugli impegni governativi finora assunti in vista della conferenza Onu sul clima che si terrà a fine anno a Parigi e segnerebbe una svolta storica, in grado di allentare ulteriormente il legame tra sviluppo economico ed emissioni di anidride carbonica, che già inizia a mostrare segni di cedimento: l’anno scorso, per la prima volta da almeno quarant’anni, i livelli di Co2 sono rimasti stabili mentre il Pil mondiale cresceva ad un ritmo sostenuto.

La maggiore determinazione mostrata da Paesi di tutto il mondo nella lotta al cambiamento climatico, benché incoraggiante, non è tuttavia sufficiente a metterci al riparo dal rischio di catastrofi meteorologiche: con le politiche attualmente programmate, avverte l’Aie, la temperatura del pianeta salirà di 2,6° C a fine secolo, invece dei 2° C identificati come limite massimo negli accordi mondiali sottoscritti nel 2009 a Copenhagen.

Bisogna fare di più, esorta l’agenzia Ocse nel rapporto speciale «Energy and Climate Change», realizzato in preparazione del Cop21. Tra i suggerimenti, quello di accelerare le politiche a sostegno dell’efficienza energetica e gli investimenti in energie rinnovabili, in modo da portarli ad almeno 400 miliardi di $ l’anno entro il 2030 dal livello - già importante - di 270 miliardi nel 2014.

L’Aie insiste inoltre, come di consueto, sulla necessità di eliminare i sussidi alle fonti fossili - che “premiano” in media con 115 $ ogni tonnellata di Co2 emessa, contro un onere di appena 7 $ sopportato nei Paesi dove esistono forme di carbon pricing - ed esorta a bandire la costruzione di nuove centrali a carbone: un’idea che darebbe un’ulteriore spallata al combustibile, già oggetto di una feroce campagna per il disinvestimento in Occidente, ma che rappresenta tuttora una fonte chiave di energia in molti Paesi, soprattutto (ma non solo) emergenti.

Secondo l’Aie, anche se entro il 2030 la quota di elettricità da rinnovabili salirà dal 22 al 32%, raggiungendo il carbone (oggi al 41%), la diffusione degli impianti più inquinanti diminuirà solo «leggermente» e nel mix energetico complessivo le fonti fossili la faranno ancora da padrone, con il 75% contro l’attuale 80 per cento.

Certo, la consapevolezza dei rischi sta crescendo rapidamente. E se si arrivasse a pensare che anche le operazioni già esistenti relative alle fonti fossili potrebbero essere fermate, avverte l’Aie,«questo già oggi avrebbe un profondo effetto sugli investimenti».

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