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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2015 alle ore 14:48.
L'ultima modifica è del 04 gennaio 2015 alle ore 17:21.

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Il nuovo anno inizia già con un carico di lavoro impegnativo: la messa a punto dei provvedimenti necessari a rendere efficaci le manovre varate dagli ultimi tre governi per rilanciare l'economia attende ancora 585 decreti attuativi da varare, oltre la metà del totale (1.102), e per 204 di questi è già scaduto il termine fissato dal legislatore per l'adozione.

A comporre questo numero contribuiscono due trend contrastanti: da un lato l'esecutivo Renzi ha dato un colpo di acceleratore allo smaltimento delle misure previste dai due precedenti inquilini di Palazzo Chigi (Mario Monti ed Enrico Letta) portando a casa due provvedimenti su tre; dall'altro lato le nuove riforme dell'ex sindaco di Firenze hanno portato con loro un bagaglio di nuovi decreti attuativi consistente, che solo da pochi mesi è sulle scrivanie degli uffici legislativi dei ministeri competenti.

Basti pensare all'ultima legge di Stabilità, entrata in vigore giovedì scorso. La ex finanziaria necessiterà di 119 interventi per rendere efficaci le sue misure, contro i 77 previsti dalla Stabilità varata dal precedente esecutivo Letta. Eppure, il testo uscito Consiglio dei ministri il 15 ottobre e varato dal governo aveva previsto solo 43 decreti attuativi. In linea con l'impegno preso da Renzi fin dai primi giorni del suo governo e rilanciato all'inizio di settembre presentando l'agenda dei mille giorni: «La grande sfida sarà delegificare e ridurre il procedimento normativo», mettere un freno ai decreti attuativi che rallentano il cammino delle riforme, rendendo il più possibile autoapplicative le leggi varate. Ma il successivo iter parlamentare ha portato il numero appunto a quota 119.

Rispetto a due mesi fa quindi (si veda il Sole 24 Ore del 2 novembre), il tasso di attuazione, prendendo i considerazione i soli provvedimenti pubblicati sulla Gazzetta Ufficale, ha registrato un leggero arretramento: dal 52,7% al 46,9 per cento. Un trend che resta sostanzialmente in linea, però, se si escludono le oltre cento norme della Stabilità 2015: il 52,6%.

In dettaglio, le misure del governo Monti sono ormai per più di tre quarti completate (75,8% rispetto al 74,2% di due mesi fa). Quelle di Letta hanno superato il 50% (per la precisione 52,7% rispetto al 48,6% di inizio novembre). Se poi si guarda non solo alle misure per la ripresa, ma all'intero pacchetto di leggi approvate dai due predecessori di Renzi, l'attuale esecutivo ha più che dimezzato i decreti attuativi presi in eredità: erano 889 il 22 febbraio, giorno dell'insediamento, sono scesi a 448 a fine ottobre, per arrivare a 383, come comunicato dallo stesso premier nel corso della conferenza stampa di fine anno.

Lo smaltimento ha marciato anche perché nel frattempo alcune misure sono state superate o riassorbite dalle riforme approvate da Renzi. Per quel che riguarda i numeri dell'attuale esecutivo, tuttavia, anche qui si è andati avanti, nonostante la mole dei nuovi decreti accumulati con le ultime riforme: il tasso di attuazione è arrivato al 10,4% (era l'8,2% due mesi fa), ma la cifra balza al 15,3% se si escludono le 119 misure della Stabilità. Che, anche se sono ancora tutte da scrivere, per alcuni atti importanti i tempi sono strettissimi. Entro gennaio dovranno infatti tagliare il traguardo i decreti per disciplinare l'anticipo del Tfr in busta paga e quelli per il bonus bebè. Ma anche il riordino dei crediti di imposta necessari per garantire risparmi di spesa.

La strada resta dunque ancora in salita se si tiene conto che molti dei decreti ancora in stand by prevedono il concerto tra ministeri, che finora ha rappresentato il vero collo di bottiglia dell'attuazione. Tanto che il governo è corso ai ripari introducendo una norma-tagliola che prevede il meccanismo del silenzio-assenso nel caso di mancata risposta dell'amministrazione concertante. Rimedio però che per ora resta solo sulla carta visto che la disposizione è stata inserita nella delega di riorganizzazione della Pa (Ddl Madia) bloccata ancora in commissione al Senato.

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