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Questo articolo è stato pubblicato il 09 aprile 2014 alle ore 23:33.
L'ultima modifica è del 10 aprile 2014 alle ore 17:44.

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Sull'equo compenso la partita, ora sottotraccia, rischia di diventare davvero spinosa, anche a livello politico. Del resto, agli inizi di febbraio, due senatori renziani del Pd, Andrea Marcucci e Isabella de Monte, erano usciti allo scoperto: «L'Italia – dichiarava Marcucci – ha bisogno di più digitale a prezzi accessibili, non dell'aumento ingiustificato di balzelli a fondo perduto». Di «strano Paese» parlava dal canto suo la senatrice Isabella De Monte, visto che «creiamo l'Agenzia per il Digitale, poi quintuplichiamo le tasse per l'acquisto di tablet e smartphone».

In dirittura d'arrivo. Dichiarazioni messe agli atti. E ora che al Governo c'è Matteo Renzi? Come si regoleranno il premier e il ministro della Cultura Dario Franceschini su una vicenda che sta mettendo gli uni contro gli altri, industria dei contenuti da una parte e industria delle tecnologie affiancate dai consumatori dall'altra? Franceschini aveva da subito fatto capire di voler intervenire sulla cosa. Le parti erano state convocate per lunedì 10 marzo. Qualche giorno prima, il ministro ha accusato un malore a Palmanova, in provincia di Udine. Tutto quindi è tornato ai blocchi di partenza.

Martedì, però, Franceschini ha fatto capire che intende prendere il toro per le corna. «Farò una scelta, probabilmente mi farò fucilare da tutti, è così quando si affrontano queste mediazioni, ma è un mio dovere aggiornare le tabelle che sono ferme al 2009», ha annunciato a margine della presentazione alla stampa delle nuove nomine per il Consiglio Superiore dei beni culturali. Il ministro ha poi sottolineato: «Dobbiamo mettercelo tutti in testa, perché in Italia questa consapevolezza non c'è: il diritto d'autore è quello che consente la libertà all'artista, quello che gli garantisce il suo spazio di creatività. Il diritto d'autore è stato uno dei temi centrali dell'incontro della scorsa settimana dei ministri della Cultura dell'Ue ed è in cima all'agenda europea, perché tutte le nuove tecnologie comportano questioni attinenti il diritto d'autore».

La vicenda. Tutto ruota attorno al contributo che produttori e importatori di dispositivi elettronici (Pc, chiavette Usb, Mp3, tablet, smartphone, cellulari, Blu Ray cd, dvd e, novità, anche gli smart tv connessi al Web) sono tenuti a versare come indennizzo verso i titolari dei diritti di sfruttamento delle opere (musicali e video). Il tutto è previsto dal decreto ministeriale Bondi del 30 dicembre 2009, che prevede un aggiornamento triennale non ancora arrivato. Sarà necessario proprio un decreto del ministro della Cultura. Il precedente ministro della Cultura, MassimoBray, aveva dato il via a una consultazione, dando tempo fino al 31 gennaio alle parti per fornire le loro osservazioni, riservandosi di decidere sul possibile aumento del compenso per la copia privata. Nella partita è poi entrata anche un'indagine ad hoc commissionata da Bray alla propria direzione generale (commissionata poi a un istituto demoscopico) sui comportamenti degli utenti.

Il nodo e i numeri. La questione alla fine si riduce a un possibile aumento - valutato nell'ordine del 500% per alcune voci - auspicato dalla Siae e dall'industria dei contenuti, ma malvisto dall'industria dell'Ict.L'aumento che ha messo in allarme l'industria dei dispositivi elettronici – e contro il quale Confindustria digitale, Anitec, Assinform e Asstel hanno preso pubblicamente posizione poco prima di Natale – è stato previsto all'interno di una proposta della Siae approvata dal "Comitato consultivo permanente per il diritto d'autore" e trasmessa al Ministero.

La proposta Siae prevedeva i seguenti aumenti dei compensi per copia privata che attualmente sono internalizzati nell'industria: smartphone da 0,9 a 5,2 euro; tablet da 1,9 a 5,2 euro; Smart tv (nuovo inserimento) a 5 euro: computer con masterizzatore da 2,4 a 6 euro; computer senza masterizzatore da 1,9 a 6 euro; memorie trasferibili da 0,5 a 0,9 per Gigabyte; Hd-Dvd da 0,25 per Gigabyte alla soppressione; Dvd da 0,41 a 0,21 euro per Gigabyte; Blu Ray da 0,41 a 0,20 per 25 gigabyte. La Siae sostiene che l'equo compenso per copia privata in Italia è più basso rispetto agli altri Paesi europei.

Cifre che secondo i calcoli avrebbero garantito circa 128 milioni di aggravio del prelievo (attualmente il gettito per copia privata è di circa 72 milioni di euro). Confindustria digitale proponeva, invece, la sospensione per un massimo di 12 mesi del procedimento di revisione del decreto Bondi del 2009, l'attivazione di un tavolo tecnico e il riesame della materia.

L'interpellanza. Franceschini dovrebbe rispondere oggi a un'interpellanza dei deputati Stefano Quintarelli (Scelta Civica), Cristina Bargero (Pd), Lorenza Bonaccorsi (Pd), Ivan Catalano (Misto), Paolo Coppola (Pd), Marco Di Maio (Pd), Maria Chiara Gadda (Pd), Andrea Romano (Scelta Civica), Irene Tinagli (Scelta Civica). A quanto risulta al Sole 24 Ore, il testo dell'interpellanza, considerando fra le altre cose che «a parere degli interroganti, il compenso per copia privata appare ben poco equo nella sua indiscriminata applicazione a chi non utilizza i telefonini e computer per ascoltare e memorizzare film e canzoni» e che «a quanto si apprende, il ministro Franceschini, sulla base delle richieste presentate dalla Siae, intende approvare il decreto con la massima urgenza senza attendere l'esito dell'indagine commissionata dal suo predecessore» prevede la richiesta al ministro Dario Franceschini di riferire se «non ritenga doveroso rendere pubblici gli esiti della suddetta indagine ad hoc sulle abitudini dei consumatori commissionata dal Ministro dei Beni e le Attività Culturali pro tempore Bray, al fine di verificare se le c.d. copie private di opere musicali e cinematografiche siano davvero cresciute negli ultimi tre anni tanto da legittimare addirittura un aumento del c.d. equo compenso del 500% come richiesto dalla Siae».

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