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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2012 alle ore 08:09.
L'ultima modifica è del 10 maggio 2012 alle ore 08:25.

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TORINO - La cultura oltrepassa il mantenimento materiale della vita ordinaria. Rappresenta l'aspetto libero, disinteressato e immateriale dell'esistenza. La cultura trasfigura la realtà, attira le cose nell'ordine superiore dello spirito e forma un mondo immaginario, che interpreta e rappresenta il mondo della soddisfazione dei bisogni. La cultura ha fini e soddisfazioni solamente in sé, ma interrompendo il fare di tutti i giorni arricchisce e ordina l'esistenza umana, per cui è indispensabile alla stessa vita ordinaria.

La cultura oltrepassa dunque il suo ambito e ha effetti sulle attività utilitarie, quindi anche sull'economia. Solo in tale prospettiva di autonomia della cultura, che deriviamo anche della nostra Costituzione, ha senso un'economia applicata alla cultura. La crisi attuale della cultura sta nella sua riduzione diffusa a stereotipi del tutto puerili. E' una cultura scontata, volgare e falsa, priva di responsabilità, dignità e stile, posta al di sotto della vita ordinaria, mentre dovrebbe stare al di sopra. Ricostruire la cultura in Italia è un compito essenziale e urgentissimo, che riguarda la libertà civica, la libertà individuale, l'equità sociale, la vita materiale della Nazione.

Secondo la Costituzione, la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, per cui lo Stato è direttamente e in primo luogo coinvolto nella protezione dei beni culturali. Ma la Repubblica sembra aver rinunciato ad attuare questo principio fondamentale della nostra Carta.

Pochi dati, che tutti possono intendere. Dal Ministero per i beni culturali dipendono 120 archivi, 50 biblioteche, 17 direzioni regionali e 90 soprintendenze. Si tratta dunque di 277 centri di spesa. Per l'anno 2012, il Ministero dispone soltanto di 114 milioni di euro per gli investimenti. Se dividiamo questa cifra per i centri di spesa, si ottiene per ciascuno la cifra umiliante di 411 mila euro annui. Se poi togliamo a questa cifra i 29 milioni destinati a Ales(società in cui sono stati accorpati gli ex lavoratori socialmente utili) scendiamo a un totale di 85 milioni di euro. Il Ministero è oggi in grado di spendere 426 milioni l'anno, che è la media delle uscite di cassa negli ultimi tre anni. Mancano pertanto 312 milioni. 30 milioni circa potrebbero essere recuperati, se i fondi di Arcus potessero confluire nel bilancio del Ministero. Ma ora è sopravvenuto un taglio di quasi 9 milioni. In questa situazione, comprenderete perché mi sono permesso di proporre che la metà dei c.d. rimborsi elettorali siano destinati dal Governo alla cultura. Altrimenti si rinuncia al mantenimento del patrimonio culturale della Nazione. Questo deve essere ben chiaro.

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