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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2011 alle ore 09:16.

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Lampedusa accampamenti di fortuna (Ansa)Lampedusa accampamenti di fortuna (Ansa)

Sono scene di una «Apocalypse now» mediterranea. A mezzogiorno del terzo giorno di primavera si accalcano sul molo della stazione marittima almeno mille tunisini. Nel piccolo promontorio di pietra dolomitica piantato alle loro spalle sventolano i resti delle tende di cenci e cellophane dove si sono rifugiati per trascorrere la notte. Qualche chilometro più al largo, ben visibile dalla costa, troneggia la nave San Marco: un enorme elicottero a poppa e altri tre attaccati l'uno all'altro nella zona di prua grande quanto un campo di calcio.

Nel frattempo una motovedetta della Guardia costiera scarica proprio ai piedi dei mille migranti altri 82 tunisini appena sbarcati, il boato di tre caccia dell'aeronautica militare in volo verso la Libia squarcia l'aria.
Lampedusa è in guerra, l'Italia è in guerra, i tunisini scappano da una strisciante guerra civile. Quest'isola è una babele. Non tanto per gli idiomi che si intrecciano, quanto per i messaggi dissonanti che arrivano dai politici di ogni ordine e grado. Il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano sostiene che i 550 migranti che fanno la spola con i mezzi da sbarco della nave militare dal molo alla San Marco siano richiedenti asilo e che tra loro ci sono donne e bambini. Laura Boldrini dell'Unhcr (Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati) sostiene esattamente il contrario: nessun richiedente asilo a bordo. L'organizzazione internazionale indipendente Save the children che si occupa dei minori, smentisce a sua volta che tra i 600 in viaggio alla volta di Augusta sia presente qualcuno dei 250 ragazzi che da oltre una settimana bivaccano nella sede dell'area Marina protetta di Lampedusa.

Una babele, appunto. Nella quale è rimasto intrappolato il governatore siciliano Raffaele Lombardo, la vittima sacrificale – politicamente parlando – delle scelte del ministro degli Interni Roberto Maroni e del commissario straordinario per l'emergenza immigrazione Giuseppe Caruso. Lampedusa e Mineo sono due "bombe umane" – così aveva apostrofato il villaggio della solidarietà il leader dell'Mpa – e politiche. Due bombe a uso e consumo del popolo siciliano. Sindaco e vicesindaco di Mineo, il Comune nella provincia di Catania che ospita la struttura costruita dalla Pizzarotti di Parma, usano nei confronti di Lombardo e del ministro degli Interni parole di fuoco: «Scelte degne di Ponzio Pilato»; oppure «perfido inganno». Spiega Maurizio Siragusa, vicesindaco Pdl di Mineo: «Maroni, durante l'incontro con i sindaci della zona, si era impegnato solennemente a convogliare nella struttura che ospitava le famiglie dei militari americani solo richiedenti asilo già presenti sul territorio nazionale. Alla luce del voltafaccia, stiamo valutando iniziative clamorose per impedire l'arrivo dei tunisini».
Lombardo, dal canto suo, prende carta e penna e scrive alla Tirrenia per chiedere che siano utilizzate le navi dell'ex flotta statale per accelerare lo sgombero di Lampedusa. Ma evita di soffermarsi sul fatto che Lampedusa e Mineo sono ormai due vasi comunicanti.

Se Mineo ringhia, l'isola delle Pelagie non sorride. Pietro Busetta, economista palermitano di vaglia e assessore alla Programmazione, Sviluppo economico e Turismo di Lampedusa, ha presentato alla Regione siciliana un lungo elenco di opere che compensino il danno patito: centro congressi, casinò, campo da golf, area franca o fiscalità di vantaggio. Un po' troppo? Busetta argomenta: «Niente affatto. Se salterà la stagione turistica i lampedusani ci rimetteranno qualcosa come 60-80 milioni di euro. In fondo, quello che chiediamo costa molto meno di qualche chilometro di linea ferroviaria ad alta velocità». A raddoppiare la marcatura su Lampedusa ci pensa l'onnipresente governatore, che ieri a sera ha solennemente annunciato: con decorrenza immediata l'assessore regionale al Territorio e l'Ambiente, lampedusano di origine, Gianmaria Sparma, aprirà nell'isola un ufficio del governo.

Nella frenetica attività di Lombardo c'è da segnalare un appello al Capo dello Stato («non lasci solo la Sicilia») e la richiesta di un Consiglio dei ministri ad hoc che dovrebbe tenersi proprio a Lampedusa. Mentre da Roma a Palermo si incrociano i comunicati dei politici, i mezzi anfibi che in guerra sbarcano le truppe d'assalto sulla costa imbarcavano al ritmo di settanta per volta i migranti in attesa sul molo dalle nove del mattino. Solo intorno alle 20 la San Marco tira su l'ancora e mette la prua in direzione di Augusta. Stamattina, cento chilometri più a oriente dalla spiaggia sulla quale sbarcarono gli alleati nel '43, 550 tunisini toccheranno per la prima volta la terra promessa.

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