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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2012 alle ore 20:01.

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Toni Morrison: «Le prossime elezioni americane sono ancora una questione di razza»Toni Morrison: «Le prossime elezioni americane sono ancora una questione di razza»

Mantova - Possiede la fierezza, la criniera di una leonessa. L'eleganza di una regina. La dignità del dolore. Conosce e ha descritto, intensamente, la malinconia, la sofferenza del lungo cammino alla ricerca di sé e delle proprie radici. Come persona e come donna di colore.
In ogni pagina dei romanzi di Toni Morrison e ancora nell'ultimo, (Home - uscito in Italia per Frassinelli ), la ricerca della propria identità si mescola con quella del proprio posto, in cui la casa dovrebbe essere il luogo della pace e sicurezza in cui nessuno può superare la soglia e fare male, entrare e sconvolgerti la vita.

È questo per Frank di ritorno dalla guerra in Corea che si sovrappone all'esperienza di un'altra protagonista, Cee, il cui dolore vive dentro la casa, quella della sua infanzia, inospitale e cattiva, come sua nonna Lenore che le fa il brodo di acqua, le lascia segni sulla pelle e non le perdona di non essere nata in un ospedale come tutte le persone per bene, ma in un fosso.

In ogni sua parola il ritmo del jazz, le voci di un popolo, nel suo sorriso i denti bianchi (citando un'altra scrittrice afroinglese, Zadie Smith) tutti sull'attenti in un sorriso che si spegne in un attimo e non cede all'allegrezza leggera. È proprio lei che dice di voler essere libera di sentire ciò che sente, anche se non è felicità.

I suoi occhi vagano mentre descrive la sua vita, la sua gente, le sue donne. E non ci gira intorno, il centro, la lotta, la pena e la pace della Morrison come dei suoi personaggi di dieci romanzi, sono intrisi di colore, il nero. A volte il blue del dolore gestito. E il dolore è ancora lì, a sua casa, negli Stati Uniti, ieri, oggi, alla vigilia delle elezioni del "suo" presidente.

A ottantun' anni non ha dubbi «è una questione di razza, è ancora una questione di razza».
Mette in guardia dalla comunicazione televisiva, dalla gara all'ultimo voto che dice è per voi, è per il pubblico del mondo divertito da percentuali luminose e cartine colorate, in molti casi ignaro o disinteressato allo scontro mediatico in un incontro determinante nella vita degli Stati Uniti. L'incontro tra potere soldi. E razza.
Il suo paese ancora la preoccupa.
«In queste prossime elezioni – dice - più che mai la questione della razza è utilizzata come terreno di falsa divulgazione per l'opposizione Repubblicana che ha organizzato una campagna elettorale contro il Presidente Obama e la "sua gente", facendo leva, ancora, su un diffuso e bianco sentimento nostalgico»
.
Non si rassegna Toni Morrison all'informazione pilotata, all'intelligente malinteso, al tentativo di manipolazione storica.
Il razzismo è ancora davanti suoi occhi, gli occhi di una bambina che vide madri bianche rovesciare un pulmino pieno di bambini neri.
Il ricordo non si cancella ma riaffiora di fronte ad un potere che cerca ancora di usare la stessa arma, nascosta sapientemente, camuffata dietro sorrisi e gesti amichevoli.

«Il popolo americano, gli afroamericani per primi si sono abituati a essere prima consumatori e ora contribuenti prima che cittadini. E su questa poca coscienza sta facendo leva l'opposizione del Presidente in carica.»

Non le piace la parola welfare, «descrive i cittadini di colore intenti a non far nulla in attesa del boccone giornaliero» e ricorda che il novanta per cento dei beneficiari del programma di welfare sono cittadini bianchi e che in trentuno stati ancora si approvano decreti e leggi che impediscono alle minoranze come alle persone anziane di andare alle urne.
Sorride.
«Obama ci chiama cittadini e a tutti chiede pazienza, il tempo e la fiducia per cambiare le cose.
In questa parola si annida il significato vero della lotta in atto oggi nel mio paese. L'ho risentita dopo decenni, dalle battaglie per i diritti civili degli anni sessanta e settanta. Siamo stati consumatori e ora contribuenti ma gli afroamericani e le altre minoranze devono tornare a sentirsi cittadini per restituire al paese se stessi come la forza che lo ha costruito.
Mi vengono in mente alcuni discorsi in tv, alcune presunte gaffe di vice e repubblicani in corsa che mi hanno lasciato a bocca aperta».

«Rimane vivo, però, ancora il perché di tutto questo» sussurra, come in preda a un solo e dominante pensiero e promette, grave, di continuare a cercare la sua risposta e condividerla, chissà, nel suo prossimo libro.
È stanca la grande leonessa, assorta, a tratti distratta.
Dentro il suo dolore, che è la perdita di un figlio, non c'è immobilismo intellettuale ma proprio quel blue che accompagna e segna lo sguardo.

Spiega come desideri continuare a lavorare e a scrivere come il suo linguaggio si formi lentamente, come le sue parole cerchino la musicalità e il suono giusto, il ritmo e la forza che meritano i personaggi. Un lavoro che deve, però, apparire privo di sforzo.

E non indugia sul male Toni Morrison, non vuole che il male prenda il palcoscenico, «perché già lo fa nella vita reale». Non rimane sulle descrizioni di violenza, in rara eleganza. «Ciò che è importante sono le conseguenze di questo male sui protagonisti dei miei romanzi, così come lo sono su di noi».

Così è il ritmo e la musica di Home che "ho iniziato a scrivere in prima persona ma in cui la voce del suo personaggio Frank ha cominciato lentamente a parlarmi, mi ha criticata, aiutata, risposto, ha evitato che manipolassi la sua storia. Fino a che lui ha cominciato a dettarmela'.
È stato un lavoro a due mani e dopo anni ecco il mio libro più breve perché «ho imparato a dire più con meno». Sorride di nuovo e subito tace.

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