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Fmi: bene fondo Atlante per le banche, resta il nodo sofferenze

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Global Financial Stability Report

Fmi: bene fondo Atlante per le banche, resta il nodo sofferenze

Il Fmi dà il «benvenuto» al fondo Atlante ma lancia l’allarme sulle sofferenze. Il Fondo appena varato dal Governo «è un passo nella direzione giusta» per pulire i bilanci delle banche, afferma Josè Vinals, il responsabile del Dipartimento dei Capitali del Fmi, sottolineando di apprezzare il fatto che sia una soluzione privata. «Le banche italiane hanno fatto molta strada negli ultimi anni» grazie alle misure delle autorità. Resta però il nodo delle sofferenze.«È bene che il settore privato sia coinvolto, vedremo come vanno le cose - mette in evidenza Vinals - È importante che tutto questo sia parte di una strategia ampia. In Italia i crediti deteriorati restano elevati ed è necessario agire».

Sul fronte dei crediti deteriorati, in rapporto agli impieghi totali, le sofferenze delle banche italiane risultano infatti pari all'11,2%, un record tra le economie avanzate. Il dato emerge da una tabella del Global Financial Stability Report, il rapporto redatto dal Fondo nell'ambito dei lavori primaverili in corso a Washington. Una media ben più alta del 6,7% della Spagna (il cui sistema bancario ha avuto 41,3 miliardi di aiuti dal fondo europeo Esm per la ricapitalizzazione degli istituti) , del 2,8% del Regno Unito e del 4,3% dell'area euro core. Secondo il rapporto la quota delle sofferenze di Unicredit è del 10,8% contro il 10,7% di IntesaSanpaolo. La media delle altre banche italiane è del 12,2 per cento. Il Texas ratio (rapporto fra i crediti deteriorati e il patrimonio equity) per l'Italia è del 58,7%, con Unicredit al 58,3% e IntesaSanpaolo al 52,2 per cento.

Il Fondo rileva inoltre che le banche italiane sono state tra le più penalizzate dai cali dei corsi azionari visti a inizio anno, assieme a quelle della Grecia e, in misura minore, del Portogallo così come in alcuni casi della Germania. Questi cali in Borsa hanno spinto a livelli da record il differenziale tra le banche di questi paesi e le loro rivali americane, si legge. A pesare possono essere stati una molteplicità di fattori, anche in combinazione tra loro, che vanno dai problemi strutturali all'ipertrofia del settore, ai modelli di business inadeguati fino agli elevati livelli dei crediti deteriorati. E proprio sui crediti deteriorati il Fmi lancia un energico richiamo all'intera area euro: «Vanno urgentemente affrontati con una strategia complessiva». Mentre l'eccessivo sviluppo del settore dovrà essere gestito nel tempo.

Novecento miliardi di crediti deteriorati nell’area euro
Le banche europee hanno ancora 900 miliardi di euro di non performing loans, crediti deteriorati (dati alla fine di giugno 2015) afferma il Fmi, sottolineando che le pressioni del mercato «indicano che una più completa soluzione al problema delle banche in Europa non può più essere posticipata. Gli elevati livelli di crediti deteriorati vanno affrontati con una strategia ampia e l'eccesso di capacità nel sistema bancario dell'area euro dovrà essere affrontato nel tempo».

Le azioni della Bce hanno aiutato a mitigare i rischi di sistema per le banche, con il nodo dei crediti deteriorati e le tensioni di finanziamento. Ma «non sono una soluzione completa»: i rischi senza ulteriori misure possono riemergere. Secondo il Fmi, i cali sui mercati finanziari in gennaio e febbraio sono stati legati ai «maggiori rischi macroeconomici, al continuo calo dei prezzi delle commodity e del petrolio, all'incertezza sulla Cina e alla minore fiducia nella capacità della politica di bilanciare i rischi all'outlook» afferma il Fmi, sottolineando che «l'aumento dell'incertezza legato ai conflitti geopolitici, al terrorismo e al flusso di rifugiati possono avere un impatto significativo sul mercato se non controllati». «Nonostante la ripresa dai minimi di febbraio, le attuali valutazioni riflettono ancora elevati rischi economici, finanziari e geopolitici» spiega l’Fmi.

Complessivamente, sottolinea l’istituto guidato da Cristine Lagarde, le banche nelle economie avanzate sono diventare «più sicure» negli ultimi anni, «con capitali più solidi e cuscinetti di liquidità e passi avanti nella riparazione dei bilanci». Il Fondo monetario internazionale sottolinea però come nonostante i progressi gli istituti di credito siano finiti sotto pressione all'inizio dell'anno in corso. «È il riflesso delle preoccupazioni sulla redditività dei modelli di business delle banche in un contesto economico debole» si spiega nel Global Financial Stability Report. L'istituto calcola che «circa il 15% delle banche delle economie avanzate deve fare i conti con sfide significative nel raggiungere una redditività senza riforme». Per l'Area euro descrive un «urgente» bisogno nell'affrontare il problema dei crediti in sofferenza e dell'eccesso di capacità. Sul primo fronte, suggerisce una strategia completa che combini supervisione, riforme dei regimi per le insolvenze e lo sviluppo di mercati per debiti sotto stress anche attraverso società di asset management. Sul secondo, il Fondo dice che «in molti Paesi, un consolidamento e una riduzione del sistema potrebbe essere necessario in modo tale che le banche rimanenti possano godere di un potere sui prezzi e di una domanda sufficienti ad aumentare la capacita' di generazione di capitale del sistema» stesso.

Il Fondo promuove le nuove norme europee sul cosiddetto bail-in ma resta cauto non escludendo che in caso di crisi di una banca, l'aiuto pubblico potrebbe ancora essere necessario.

Aumentati rischi di stabilità finanziaria
I rischi alla stabilità finanziaria sono aumentati negli ultimi 6 mesi con la maggiore incertezza, il calo dei prezzi delle commodity e i timori sull'economia cinese. L'allarme è del Fmi. «La domanda è se le tensioni degli ultimi mesi sono alle nostre spalle o e sono un segnale che bisogna fare di piu'. Io ritengo sia necessario fare di più per assicurare la stabilita' finanziaria» afferma Vinals, capo del Dipartimento Mercati Fmi, che dice che la politica monetaria è cruciale ma non può essere l'unica opzione.

Nel 2016 per Italia fabbisogno finanziario al 18,7% del pil
Fra debito in scadenza e deficit pubblico nel 2016 l'Italia avrà un fabbisogno di rifinanziamento pari al 18,7% del Pil: si tratta del valore più alto fra le principali economie mondiali, con l'eccezione degli Usa (19,8%) e del Giappone (41,4%). Lo scrive il Fmi nel suo Fiscal Monitor, in cui segnala per il prossimo anno un fabisogno in aumento al 20% che dovrebbe invece scendere nel 2018 al 14,6%. In dettaglio, quest'anno il debito italiano in scadenza sarà pari al 16% del Pil mentre il prossimo anno sarà pari al 18,4%. A questa somma va aggiunto un deficit pari rispettivamente al 2,7% e all'1,6 per cento.

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