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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2013 alle ore 14:14.

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Ellen MacArthur (Contrasto)Ellen MacArthur (Contrasto)

Sterzare il cammino dell'economia mondiale verso la sostenibilità – ovvero un uso delle risorse planetarie che non comprometta l'esistenza dei nostri pronipoti – è più facile a dirsi, che a farsi. Non foss'altro perché richiede molto tempo e tanti investimenti. Ma se fosse più rapido ed economico del previsto?

È la promessa dell'economia circolare. Invece di procedere linearmente, dall'alba della materia prima al tramonto del rifiuto, i prodotti di consumo potrebbero dotarsi di una vita "rotonda" che va ben al di là del comune concetto di riciclaggio. Gli esempi già non mancano: dalla produzione di biogas dagli scarti alimentari, fino a scarpe e vestiti fabbricati con bottiglie di plastica usate. Ma si può andare molto più in là. Non foss'altro perché – secondo stime di McKinsey – l'economia circolare, solo nel mercato dei prodotti di largo consumo, promette 700 miliardi di dollari all'anno di risparmi.

La multinazionale della consulenza ha pubblicato «Towards the circular economy», un rapporto consegnato ai leader dei grandi Paesi industrializzati, commissionato dalla Ellen MacArthur Foundation (fondata dalla 36enne marinaia che, al ritorno dalla circumnavigazione solitaria del pianeta in tempi record, è stata fatta Dama dell'Ordine dell'Impero Britannico dalla regina Elisabetta). La fondazione si occupa di propugnare i benefici dell'economia circolare. Ha appena lanciato l'iniziativa Circular Economy 100: un club di cento grandi imprese (Coca-cola e Ikea ci sono già) pronte a gettarsi alle spalle la vecchia economia lineare. «Il concetto di fine vita utile di un prodotto va eliminato - sintetizza Giorgio Busnelli, partner di McKinsey esperto di sostenibilità -. Il nostro rapporto dice che fra il 60 e l'80% delle risorse viene sprecato al termine del percorso lineare estrazione-produzione-consumo-rifiuto. In un mondo dove 3 miliardi di consumatori stanno entrando nella classe media, tutto questo non è più sostenibile».

Il momento per sterzare, è quello giusto. Un po' perché ci sono le tecnologie necessarie: ad esempio per tracciare la vita dei materiali lungo la catena del valore. Poi, c'è la crescente scarsità delle risorse, con i prezzi delle commodities sui massimi. «Ma la novità è che anche i consumatori, a cominciare da quelli dei paesi emergenti – osserva Busnelli – domandano un nuovo approccio all'economia e alla produzione. Per loro, il servizio può essere più interessante del semplice possesso di un prodotto».

Perché non c'è soltanto da ripensare alle risorse usate in un prodotto, in modo da minimizzare quelle scarse e quelle tossiche. Non c'è solo da rivedere il packaging, oggetto di infiniti possibili miglioramenti. Bisogna anche progettare i prodotti perché durino più a lungo. «Se una lavatrice viene ideata per funzionare 10mila cicli invece che 2mila – spiega Busnelli - può essere usata da più di un cliente con la formula dell'affitto, consentendo un risparmio di 180 chili di acciaio e 2,5 tonnellate di CO2 in vent'anni». Anche questo, è l'economia circolare.

Eppure, il mercato ci ha abituati a una sorta di "obsolescenza programmata" dei prodotti: che interesse hanno le imprese a investire su un'allungamento della loro vita? «Agli occhi dei consumatori può diventare un vantaggio competitivo», risponde Busnelli.

Un qualsiasi prodotto di consumo "circolare", in altre parole, potrà essere preferito a un prodotto lineare. Senza però dimenticare che i risparmi sui costi industriali sarebbero già un bell'incentivo. Ma le imprese sarebbero disposte a trasferire parte del risparmio sui consumatori finali? «Dipende», risponde ancora Busnelli. «In uno dei casi che abbiamo studiato, l'utilizzo di bottiglie riusabili (invece che riciclabili) da parte dell'industria della birra, c'è bisogno della collaborazione dei consumatori e quindi la risposta è affermativa».

Un esempio di prodotto circolare by design? Un telefono cellulare. «Se viene ideato per essere facile da aprire e da scomporre – spiega Busnelli - diventa più economico riciclare i pezzi e recuperare i materiali rari».

La virata verso l'economia circolare comporta, oltre a un'adozione massiccia delle fonti di energia rinnovabile – conditio sine qua non della sostenibilità - una forte spinta all'innovazione scientifica e industriale, che è storicamente moltiplicatrice di ricchezza. «In verità - conclude Giorgio Busnelli - ci guadagnano tutti: l'economia, le aziende, i consumatori e soprattutto l'ambiente». Ma accadrà? E quando?

«Non lo sappiamo», conclude candidamente il rapporto commissionato da dame MacArthur. La scintilla «potrebbe venire dalla richiesta del pubblico, da un'applicazione rivoluzionaria o da una silenziosa rivoluzione industriale... Tuttavia ci aspettiamo che la svolta (verso l'economia circolare) venga impressa da pionieri industriali, consumatori ben informati e istituzioni pubbliche che sanno guardare lontano».

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