Tecnologia

Facebook, quella macchina da soldi in cui non credeva nessuno

  • Abbonati
  • Accedi
DOPO il record in borsa

Facebook, quella macchina da soldi in cui non credeva nessuno

Chi avrebbe detto quel 18 maggio 2012, giorno dell’Ipo di Facebook, che nel giro di 3 anni e mezzo il titolo sarebbe passato da 38 dollari a 110 dollari (+189%)? Non che le società tecnologiche non abbiano abituato a corse pazzesche in Borsa, a partire da Apple e Google. Però il social network di Zuckerberg è arrivato in un’altra epoca e quando ha cercato di passare dal sito per votare le ragazze più belle di Harvard a un progetto multimiliardario globale è stato avvolto da un grande scetticismo. Che in quel famoso 18 maggio e nelle settimane successive trovò il conforto della realtà: il titolo entrò in contrattazione in forte ritardo per problemi tecnici che diedero luogo a cause e class action. Nei primi minuti ci fu un deciso rialzo, poi un calo durato settimane fino al minimo di 18 dollari per azione.

La risalita è stata difficile ma decisa ed è il risultato della continua crescita degli utenti, del business pubblicitario e di una serie di nuovi prodotti che fino a oggi convincono gli investitori. Gli utenti mensili attivi sono 1,55 miliardi e nell’ultimo trimestre sono cresciuti di 4 milioni nel mercato più importante, Stati Uniti e Canada (segno che al momento non si registra alcuna noia da parte degli utenti). La pubblicità cresce e soprattutto su mobile, un tempo considerato tallone d’Achille di Facebook: grazie all’introduzione del formato nativo arriva al 78% del totale (sono i dati dell’ultima trimestrale , dove l’utile è cresciuto dell'11% a 896 milioni di dollari e i ricavi del 41% a 4,5 miliardi) . Poi ci sono gli altri prodotti: WhatsApp oggi ha 900 milioni di utenti, Messenger 700 milioni, Instagram 400 milioni. La Borsa ha fiducia nel fatto che l’azienda riuscirà a convertire anche questi utenti in ricavi. Non si potrebbe spiegare in altro modo un rapporto prezzo/utili di 110, contro i 35 di Google e i 13 di Apple.

Infine alcune scommesse, come la realtà aumentata di Oculus. Oppure i mercati emergenti con il controverso progetto internet.org per portare connettività in Paesi in via di sviluppo, a partire dall’India, anche con l’uso di satelliti. Nella stessa direzione la sperimentazione di formati pubblicitari per aziende con poco budget. E il tentativo di allargare il social al mondo business con Facebook at work: la prima grossa realtà ad aver scelto di introdurlo è Royal Bank Of Scotland.

Zuckerberg sa che restare fermi potrebbe essere la fine di Facebook, basta che passi di moda tra i teenager. E allora cerca di andare alla conquista di nuovi mondi e conservare l’esistente rendendo la piattaforma sempre più attrattiva per l’utente: ultimamente questa volontà si traduce con l’integrazione delle news al suo interno con Instant Articles. Presto arriverà una app dedicata all’informazione che dovrebbe chiamarsi Notify.

L’elenco di progetti lanciati negli ultimi anni è lunghissimo e non tutti ovviamente sono stati successi. Ad esempio mentre i ricavi pubblicitari sono cresciuti molto (4,3 miliardi nel trimestre, in crescita del 45% e pari alla quasi totalità delle entrate), non si può dire sui servizi pay, che oggi sono calati e valgono solo il 5%. Dipende dal fatto che il business dei giochi sul social si è un po’ perso per strada, in particolare con il decollo mobile. Ora c’è da vedere se andrà meglio con l’ecommerce.

La privacy, invece, fino a oggi è stato un tema dibattuto ma non molto preso in considerazione dagli utenti. Molti osservatori sono preoccupati dal fatto che Facebook più cresce e più “mangia” porzioni di internet portando tutto al suo interno, al punto che Mathew Ingram su Fortune ha parlato di «morte del link». Oggi, inoltre, inserzionisti ed editori che stringono partnership con Facebook si affidano all’algoritmo del NewsFeed, ma ogni cambiamento nelle sue logiche può avere più di una conseguenza. Le preoccupazioni arrivano soprattutto da chi ha una certa idea di apertura di internet e ha paura dello strapotere di Facebook. È un approccio contrario allo scetticismo di 3 anni e mezzo fa, oggi nessuno può permettersi di non prenderlo sul serio.

© Riproduzione riservata